“Molte moschee in Europa rifiutano la democrazia perché si sostiene che noi dovremmo applicare la sharia. Bisogna farla finita con le teorie complottiste”, sostiene Drouiche

Islam, la deriva settaria

Matteo Matzuzzi
L’estremismo da combattere, il proselitismo da contrastare, la crisi del pensiero islamico. “Non c’è l’occidente dietro i nostri mali”. Parla il numero due degli imam francesi.

Molti elementi fanno ritenere che l’islam stia diventando sempre di più una religione settaria. Penso all’interpretazione letterale dei testi religiosi, alla tendenza a isolarsi, rifiutando di vivere con gli altri, alla convinzione che tutto il mondo sia contro l’islam e all’uso di parole violente e scioccanti contro gli altri: miscredente, infedele, pagano”. Esordisce così, in un lungo colloquio con il Foglio, Hocine Drouiche, dottore in legge islamica, presidente del consiglio islamico di Nimes e vicepresidente della conferenza degli imam di Francia, l’organismo che ha sede a Parigi. Nel cuore dell’estate, in un intervento dinanzi al Parlamento europeo (di cui questo giornale aveva dato conto il 23 luglio) Drouiche aveva fornito un quadro lucido sulle difficoltà interne alla complessa realtà islamica, sostenendo che “i cristiani d’oriente sono le prime vittime dell’arretramento culturale e civile in seno al mondo musulmano”. Il fatto è che “l’odio è divenuto l’elemento caratterizzante del discorso islamico, specialmente in Europa, così da poter mobilitare i giovani musulmani contro l’occidente”, osserva ora. Invertire questa china è divenuta la sua missione, la sua “battaglia all’interno della comunità” che dirige, non senza tensioni o difficoltà. Il problema, segnala, è quello che avviene in tante moschee sparse nel continente, regolari o meno: “I musulmani vivono nella paura. Sono stati educati secondo il principio che tutto il mondo è contro di loro e per questo non hanno fiducia negli altri, preferendo così vivere isolati. E a beneficiare di questa situazione sono tanti tra imam e predicatori estremisti, che mirano a inculcare l’odio nel cuore dei fedeli. Manipolano, mirano a a trasformare i giovani musulmani in odiatori, fanatici e terroristi contro i non credenti. Ecco perché dico che l’islam è diventato una religione settaria”.

 

Si è perso tutto, nota Drouiche: “L’islam è una religione universale, con i suoi valori di umanesimo, libertà, diritti umani, rispetto della donna nella società. Ma oggi stiamo facendo molti passi indietro quanto all’uso della ragione, al razionalismo. E’ per questo motivo che l’islam è oggi in sofferenza e ha parecchie difficoltà a stabilire un dialogo positivo con gli altri”. Si è arrivati al punto che “molte moschee in Europa rifiutano la democrazia perché si sostiene che noi dovremmo applicare la sharia!”. Non ha dubbi, il nostro interlocutore, su quali siano le radici di questa evoluzione negativa: “Il pensiero islamico è in crisi da molti anni. Si pensi che per la maggioranza dei musulmani non è ammissibile cambiare religione. Nella legge islamica, infatti, se un musulmano cambia il proprio credo, deve essere ucciso. L’islam incoraggia e accetta il proselitismo per convertire gli altri, ma non permette che un musulmano scelga un culto diverso. Il musulmano non ha il diritto di diventare cristiano o ebreo, per esempio. Nell’islam questa sarebbe apostasia. E’ un problema che molti dotti e imam hanno cercato di risolvere, trovando però forti resistenze presso l’opinione pubblica islamica e soprattutto tra i salafiti e le tradizionali tendenze presenti nella realtà musulmana”. Rifiutare l’apostasia, insomma, comporterebbe “il blocco di ogni forma di proselitismo in Europa e occidente. Il dialogo tra le religioni è cosa migliore rispetto all’orgoglio e al conflitto”.

 

Il dialogo dovrebbe presumere però il riconoscimento di una libertà religiosa che oggi, specie nei territori conquistati dal cosiddetto Stato islamico, stenta a intravedersi. “La libertà religiosa nell’islam non è un aspetto chiaro. Se i dotti musulmani non riformano l’interpretazione del sacro corano o i testi sunniti, noi possiamo affermare che parlare di libertà di religione non ha alcun senso. Si va off topic.”, dice l’imam di Nimes. E’ soprattutto una questione di coraggio: “Ciò che accade in Pakistan, Afghanistan o in India non deve ripresentarsi in Europa e in occidente, se i musulmani vogliono adeguarsi a valori occidentali quali la libertà, i diritti umani e la giustizia. Non c’è il coraggio di dare risposte chiare su questo argomento così rilevante”.

 

Pesa il ruolo, sempre più in crescita, dell’islam politico, che dall’Africa del nord al vicino e medio oriente conquista posizioni giorno dopo giorno. Il vicepresidente della conferenza degli imam di Francia premette che “la politica fa parte della religione islamica, anche se c’è una differenza tra quanto deriva dal Corano e dalla Sunna e l’islam politico. Quest’ultimo, detto anche ‘islamismo’, è un insieme di ideologie secondo le quali l’islam dovrebbe fare da guida nell’ambito sociale e politico così come nella vita privata di ciascuno. L’islamismo – sottolinea Hocine Drouiche – è un concetto controverso, non solo perché prevede un ruolo politico per la religione, ma anche perché i suoi scherani più estremisti credono che i punti di vista dei musulmani siano superiori a tutti gli altri. E quando noi pensiamo di essere superiori, noi diventiamo autoritari e fanatici: noi abbiamo assolutamente ragione e i non musulmani sono diavoli”. Come agisce l’islam politico, il nostro interlocutore lo spiega, quasi per punti. “L’obiettivo è quello di manipolare i fedeli nel mondo, specialmente in Europa. Da una parte si tende a ‘passare per vittime’: il messaggio dell’islam politico si basa sulla pericolosa idea che tutta la Terra è contro l’islam e i musulmani. E’ la strategia della paura, che mira a far sì che più gente possibile si aggreghi a quel progetto. Per questa tipologia di islam, l’attuale sottosviluppo dei musulmani deriva dall’imperialismo occidentale e dai complotti orditi dai sionisti”. Tesi azzardata, ma facilmente comprensibile: “Ogni nazione vive conflitti e dissidi con altri paesi. Ma ogni considerazione circa lo sviluppo deriva da cause interne, dal momento che interne sono le ragioni della crisi. Ma pensare così non è soddisfacente per l’islam politico: è una visione poco popolare. Priva i movimenti islamisti di quella popolarità che si fonda sull’odio, sul dubbio, sui contrasti. Ecco perché l’islam politico favorisce indirettamente il terrorismo e la violenza, a scapito della sua copertura pacifica”. Dall’altra parte, poi, c’è la cosiddetta strategia del conflitto. “L’islam politico ha sempre bisogno di conflitti. Si potrebbe dire che in questa visione della religione non si cercano le soluzioni ai problemi, perché l’esistenza del problema è ben più importante che la sua soluzione. Le relazioni con l’occidente rappresentano il miglior esempio di questo, specialmente quando noi parliamo di secolarismo, di questione israelo-palestinese, di cittadinanza, di proselitismo e del posto che ha la religione nella società moderna. Questa strategia di conflitto e paura rappresenta, si potrebbe dire, una reale necessità per l’islam politico. Una necessità dannosa per i musulmani in primo luogo, ma anche per il futuro posizionamento dell’islam in Europa e in occidente. La prosperità non tornerà nel mondo islamico se i musulmani e le società islamiche non passeranno da una visione negativa delle cose, e dalle teorie complottiste alla positività, al razionalismo. L’islamismo è immerso nell’immaginazione, nella menzogna politica e religiosa e nel wishful thinking”.

 


Hocine Drouiche è presidente del consiglio islamico di Nimes e vicepresidente della conferenza degli imam di Francia


 

E’ anche una questione di comportamento, sostiene l’imam di Nimes: “I musulmani non affrontano i probelmi con metodo e razionalità. Sono sempre sulla difensiva e pronti a reagire. Non è nell’interesse dell’islam politico far sì che abbia termine questa situazione di paura, perché la pace e l’intesa con l’occidente significheranno la fine della strategia negativa che non rappresenta certamente i reali valori dell’islam”. Ne va del futuro delle comunità musulmane in Europa nei prossimi decenni; un futuro che per Drouiche è incerto: “Dobbiamo essere chiari nel rassicurare i concittadini europei. Gli estremisti islamici devono essere il primo problema dell’islam. Non è accettabile né logico ripetere senza sosta che il terrorismo è un prodotto dell’occidente! Questo è un virus letale che s’aggira nella comunità islamica. Se i musulmani non riconoscono le loro responsabilità e il loro coinvolgimento nel combattere questo fenomeno, essi saranno complici dell’estremismo che minaccia tutto il mondo, e i musulmani stessi innanzitutto. L’integrazione nelle società europee obbliga i musulmani a essere integralmente cittadini, non stranieri. Devono partecipare in modo positivo nella costruzione della propria società”.

 

Si parla tanto di violenza in Siria e Iraq, con le case dei cristiani marchiate dalla “n” di nazareno e gli yazidi costretti a trovare rifugio sulle montagne: “Ma il problema non è la forza degli estremisti nel vicino e medio oriente”, dice Drouiche. “Il problema sta nella scarsa conoscenza dei musulmani rispetto alla cultura e alla loro stessa religione. Le fatwa che proibiscono l’integrazione di un giovane musulmano nella polizia, nell’esercito, nelle società di sicurezza, non dovrebbero esistere nell’islam europeo. Se i musulmani vogliono avere un futuro in Europa dovranno smetterla di pensare che l’islam è la religione del jihad e della morte, anziché la religione della vita. In secondo luogo, dovranno condannare il terrorismo e l’estremismo, senza alcuna ambiguità”.

 

Di seguito, il nostro interlocutore pone alcune questioni più delicate e controverse come necessità ineludibili: “Avere il coraggio di riformare l’interpretazione e la comprensione dell’islam, adeguandolo alle circostanze, condizioni e valori dell’Europa e dell’occidente più in generale”. Infine, aggiunge, “farla finita con il proselitismo nel nostro continente e dimostrare il coraggio intellettuale e culturale riguardo questioni quali l’apostasia, la poligamia, i diritti umani, i diritti delle donne, l’infibulazione, l’odio e l’estremismo. Questi argomenti non sono chiari tra i musulmani, ma neppure nelle società europee”.

 

La conversazione, inevitabilmente, non può che guardare a quanto sta accadendo a poche migliaia di chilometri più a est, con il cosiddetto califfato che s’estende a macchia d’olio, abbattendo ogni cosa si frapponga alla sua avanzata, siano esseri umani o antichi templi pre islamici. E tutto, spesso, nel silenzio o nella ritrosia delle autorità islamiche a denunciare con parole chiare il flagello: “I musulmani, e in particolare i movimenti islamisti, non hanno un’opinione chiara e formata riguardo il terrorismo nel mondo islamico e in occidente. Finora, le critiche allo Stato islamico sono state deboli e timide. Molti ritengono che il Daesh è stato creato dai servizi segreti occidentali, come la Cia”. La memoria di Hocine Drouiche torna allo scorso gennaio, agli “attentati terroristici che colpirono Parigi. E’ stata davvero la più grande atrocità vissuta in Francia. Dopo pochi giorni, fu organizzata una marcia repubblicana. E’ stata una dimostrazione fantastica. Eppure, nonostante i musulmani rappresentino il dieci per cento della popolazione francese, l’assenza della comunità islamica era molto evidente”.

 

[**Video_box_2**]Sono diverse le ragioni che portano i musulmani a non condannare chiaramente il terrorismo islamico, spiega l’imam di Nimes. Le elenca l’una dopo l’altra: “Innanzitutto l’assenza di riferimenti religiosi, specialmente per le nuove generazioni. L’unico punto di riferimento sono ‘l’imam Google’ e ‘lo sceicco Facebook’, che sono controllati dagli estremisti e dai fanatici. In secondo luogo, non si condanna l’Isis per paura. Si chiama ‘gestione della ferocia e del terrore’. C’è poi la negativa influenza dell’islam politico, nonché il complottismo che domina l’odierno pensiero islamico”. E poi, ultima ma non meno importante, è quella che il vicepresidente della conferenza degli imam di Francia definisce “la naturale volontà di dominare il mondo che c’è nella religione islamica”. Non va dimenticata, infine, la “voglia di vendetta, dovuta alle sofferenze causate dall’imperialismo, dal colonialismo e dall’ingiustizia. Ogni reazione, anche se scorretta e illogica, è divenuta legittima e accettabile. Molte persone pensano che l’occidente è la ragione e l’origine di tutti i problemi dei musulmani nel mondo. Questa è la pericolosa teoria del complotto che l’islam politico usa per intontire i musulmani e far imparare loro l’odio e la crudeltà”.

 

Tutti questi elementi, sottolinea Drouiche, “sono ostacoli che non consentono ai musulmani di comprendere i reali valori dell’islam. L’atteggiamento negativo mostrato dai musulmani nei confronti del terrorismo e dell’estremismo ha mandato un messaggio negativo agli uomini dei paesi occidentali. Queste società non sono state rassicurate. E’ questo il maggiore pericolo che minaccia il futuro dell’islam e dei musulmani in occidente. L’arroganza, l’orgoglio e il senso di superiorità sono i fattori catastrofici che possono distruggere l’immagine e il futuro dell’islam”. Quel che occorre sono “umiltà, umanesimo e rispetto delle culture locali, senza alcuna volontà di dominio o conquista”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.