Che hai da ridere

Annalena Benini
Abbiamo accettato l’idea di amoreggiare, lavorare, confidarci, chiacchierare via chat, sms, Skype, email, Facebook e attraverso qualunque altra forma di comunicazione digitale, quindi abbiamo imparato anche a ridere in forma scritta.

Abbiamo accettato l’idea di amoreggiare, lavorare, confidarci, chiacchierare via chat, sms, Skype, email, Facebook e attraverso qualunque altra forma di comunicazione digitale, quindi abbiamo imparato anche a ridere in forma scritta. Ridacchiare, sorridere, a volte rotolarci dalle risate, altre volte soltanto un ghigno, un segnale che abbiamo capito la battuta, ma non era poi così divertente. Ridere senza ridere, senza che l’altra persona veda la nostra faccia mentre si sta impegnando per intrattenerci, ci offre la possibilità di fingere, ma anche il rischio di fraintendere ed essere fraintesi: si può gettare in uno stato di cupa prostrazione l’interlocutore che sta disperatamente cercando di essere brillante, e noi che non usiamo faccette, emoticon che ridono con le lacrime, sembriamo algidi, o peggio totalmente privi di senso dell’umorismo perché rispondiamo semplicemente: ha. Ha, secondo il New Yorker, è una specie di calcio nei denti. Significa: ho capito che ti stai dando da fare, ma è meglio che lasci perdere, non sta funzionando. Ha è come un mattoncino Lego, per costruire una risata sincera, rotonda, rassicurante, ne servono almeno due.

 

Haha è quindi una risata cordiale, accettabile, rispettosa, con la bocca semiaperta ma in una condizione di generale compostezza. E’ anche un atto di gentilezza (in fondo quanto ci costa digitare quatro lettere senza spazi?) mentre hahaha, composta da tre mattoncini Lego, significa che ci stiamo proprio divertendo, che non riusciamo quasi a smettere di ridere, che la gioia sta prendendo il volo. Nelle chat si tende a essere generosi, di baci e di carezze e quindi anche di risate, così l’impressione generale, se si dovesse fare un censimento di tutti gli hahaha o hehehe e hihihi, è che siamo un’umanità di comici, di simpaticissimi, di folli. Persone con tendenza a rotolarsi per terra dal ridere, o a battersi le mani sulle cosce mentre è al lavoro e riceve un sms divertente. E’ importante, però, saper distinguere un “haha” da un “ha ha”. Lo spazio significa: sarcasmo. Perché se si sta ridendo come pazzi non c’è modo di distanziare le lettere, lo spazio presuppone una riflessione e un giudizio. Ci sono poi quelli che preferiscono ridere con “he”. Che però ha una dimensione meno rotonda, più dimessa, una risata più trattenuta, a denti stretti. Alcune interpretazioni ritengono che in “he” sia rinvenibile un’indole non sincera e poco generosa.

 

[**Video_box_2**]Persone di cui non fidarsi, insomma (anche se a molti in buona fede ricorda semplicemente la risata di Scooby-Doo). Ma i peggiori sono quelli che ridono con “hi”. “Hihihi” è terribile: presuppone la presa in giro dell’interlocutore, lo scherno, insinua il sospetto che quella persona stia ridendo proprio di noi, è una risata con il gelo dentro, e in chi la riceve provoca un desiderio immediato, sconsiderato, di violenza verbale. L’istinto di fare qualcosa di impensabile fino a un secondo prima: sollevare il telefono, digitare il numero, aspettare un attonito “pronto?” e urlare: che cazzo ridi?

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.