Portare via i morti
Le fotografie del convoglio militare di Bergamo. Lo sgomento di una guerra, di una solitudine, che non conoscevamo
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Il cielo già livido della sera dietro a quella fila di camion militari, fermi in attesa davanti all’architettura gigantesca e cupa, come senza conforto, del Cimitero monumentale di Bergamo. Poi la notte già scesa, illuminata solo dai fari dei camion militari che attraversano la città in silenzio. In colonna di guerra, non in corteo. Senza ali di folla, senza un saluto o un fiore, la città ricacciata indietro dalle regole e da uno sgomento troppo grande anche per affacciarsi alla finestra. Trenta camion dell’esercito che trasportano sessantacinque bare, una parte persino piccola delle sue vittime che Bergamo non può più nemmeno seppellire, non riesce nemmeno più a cremare. Sono le fotografie di mercoledì 18 marzo, non se n’erano ancora viste di così strazianti, e solenni, nella storia (breve) della nostra pandemia. Di così mute, anche. Le fotografie per natura non parlano, ma molte volte le più drammatiche sembra di sentirle urlare, di sentirne i rumori, i pianti. Da quelle fotografie di camion militari, l’esercito d’Italia, che sgomberano la città come tanti carri di monatti, sale il silenzio. Uno ha scritto su Twitter: “Bergamo mia questa notte non ho più parole, non ho più nemmeno un ‘andrà tutto bene’”. In provincia i morti sono più di 550, questi andranno a Modena, in Friuli e in Piemonte. A Varese, Piacenza, Parma, Rimini. Provvisoriamente. Verrà il giorno di fare ritorno. Immagini di guerra, come non pensarlo? Ma nel ricordo sfocato di telegiornali da terre lontane.
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- Maurizio Crippa
"Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.
E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"