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Gli abusi dei pm

Ermes Antonucci

Quando si parla di abusi sui minori, un imputato su due viene processato ingiustamente. Una ricerca choc

Sulle denunce per abusi sessuali su minori la giustizia italiana sembra muoversi attraverso una gigantesca caccia alle streghe, che costringe centinaia di adulti a subire una gogna lunga e infamante prima di essere dichiarati innocenti e che contribuisce a distruggere intere famiglie. Che il caso di Bibbiano e gli scandali precedenti (dai “Diavoli della Bassa modenese” a Rignano Flaminio) rappresentino solo la punta dell’iceberg di un fenomeno diffuso e inquietante è confermato dai risultati – mai resi pubblici prima d’ora, ma che il Foglio è in grado di rivelare – di uno studio realizzato nel 2014 dall’Unione Camere Penali Italiane e dall’Università di Padova, sotto il coordinamento di Giuseppe Sartori, professore ordinario di Neuropsicologia Forense, tra i massimi esperti in tema di prova neuroscientifica. La ricerca esamina, per la prima volta in Italia, i destini di 465 processi per abusi sessuali su minori tramite la ricostruzione degli avvocati che hanno seguito i casi. Nella fase delle indagini sembra dominare una presunzione di colpevolezza assoluta nei confronti degli adulti accusati di abusi: nell’86,76 per cento dei casi il pm chiede il rinvio a giudizio, poi confermato dal gup il 94,87 per cento delle volte. Addirittura in un caso su due, però, le accuse finiscono per non reggere al giudizio, che tuttavia arriva solo molti anni dopo. Un imputato su quattro (il 24,80 per cento) risulta assolto in primo grado, nella stragrande maggioranza dei casi (63,54 per cento) “perché il fatto non sussiste” e in misura minore (27,08 per cento) “per non aver commesso il fatto”. Più di una sentenza di condanna su tre (35 per cento) viene riformata in appello, in maniera parziale o con l’assoluzione dell’imputato, trovando una sostanziale conferma nel giudizio di legittimità in Cassazione. Il risultato è che un imputato su due viene quindi processato ingiustamente. Come è possibile tutto ciò? La ricerca ci aiuta a rintracciare delle possibili risposte. Quasi la metà dei procedimenti per violenza su minore intrafamiliare (48,43 per cento) avviene mentre sono in corso procedimenti civili di separazione o di divorzio o procedimenti avanti il Tribunale per i minori. Ma c’è anche un altro dato che contribuisce a spiegare questa deriva giustizialista, e che chiama in causa l’operato dei giudici. Nella maggioranza dei casi (53,39 per cento), i giudici decidono di non effettuare alcuna perizia sull’idoneità a rendere testimonianza del minore, anche se questi è di tenerissima età. A farla da padrone, così, sono i consulenti nominati dalle parti, in particolare dai pm, che spesso nell’ascoltare il minore adottano approcci lontani dai parametri scientifici delle linee guida nazionali, col rischio di condizionare i ricordi del bambino e far emergere abusi che poi si scopre essere inesistenti. “Se durante l’esame del minore si fanno domande suggestive si compromette l’accuratezza del ricordo del testimone”, spiega al Foglio Giuseppe Sartori. Eppure i magistrati italiani non sembrano essere consapevoli del rischio di condizionamento del minore. In un’inchiesta pubblicata lo scorso 24 luglio, abbiamo svelato come il Consiglio superiore della magistratura e la Scuola superiore della magistratura abbiano promosso per diversi anni corsi di formazione per i magistrati incentrati sulle idee del Cismai e tenuti pure da Claudio Foti, lo psicoterapeuta (laureato in lettere) al centro dell’inchiesta di Bibbiano. In questi incontri di studio ai magistrati è stato persino spiegato, contro ogni evidenza scientifica, che le domande suggestive non hanno il potere di costruire un falso ricordo se l’abuso, in qualche modo, non è già presente nella memoria del minore. Secondo Sartori, “i veri esperti di studi scientifici sulla memoria del testimone dovrebbero essere i magistrati e gli avvocati i quali sono chiamati a valutare ogni giorno la qualità di quello che viene riferito dal minore testimone. Il testimone non è un videoregistratore e conoscere quello che interferisce sulla accuratezza del suo ricordo è importante per una valutazione ponderata. La conoscenza dei dati scientifici permetterebbe anche di esaminare efficacemente gli esperti che introducono nel processo una ‘pseudoscienza’”.

 

Se una percentuale altissima di indagati e imputati per abusi su minori risulta poi essere innocente, restano sul campo le infinite sofferenze umane causate dalle vicende giudiziarie. “Nel nostro mondo si dice che l’indagine è già di per se la pena – nota Sartori – L’indagato innocente, assieme al minore coinvolto, entra in un tunnel personale ed economico dal quale ne esce distrutto con costi anche economici elevatissimi”.

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