Un presidio a Casal Bruciato. Foto LaPresse

Il problema non sono i rom ma la mancanza di case popolari

Maria Carla Sicilia

A Casal Bruciato va in scena la protesta contro la famiglia a cui il Comune ha assegnato un alloggio. Ma a Roma aspettano casa più di 12mila nuclei familiari

Sfogliare l'ultima graduatoria pubblicata dal dipartimento delle Politiche abitative del Campidoglio aiuta a comprendere la dimensione del problema che in questi giorni alimenta le proteste a Casal Bruciato, dove alcuni residenti sono in rivolta perché un alloggio di edilizia residenziale pubblica è stato assegnato a una famiglia di origine rom. L'insofferenza del quartiere non è legata solo al degrado e all'abbandono che sviliscono le periferie della capitale, ma anche all'attesa estenuante di chi aspetta l'assegnazione di una casa popolare.

      

A gennaio 2019 erano 12.393 i nuclei familiari ammessi al bando, ma il dato è parziale perché aggiornato al primo semestre del 2018: al conto mancano le domande arrivate negli ultimi 10 mesi e per avere un'idea di quante possono essere è utile sapere che nei primi 6 mesi dell'anno scorso ne sono state presentate 740. Più delle case che il Comune assegna in un anno intero, circa 500 su 77mila alloggi esistenti. Le costruzioni di nuove case o il recupero delle strutture esistenti, d'altra parte, sono iniziative rarissime con impatti limitati. L'ultima palazzina finanziata dalla Regione e terminata poche settimane fa ospita 18 famiglie. Così le assegnazioni procedono solo se le case si liberano a causa di decessi o di sgomberi. Questo significa che l'alloggio assegnato in un municipio come il IV, dove si trova Casal Bruciato – secondo a Roma per densità di case popolari (7.634 unità) – può diventare una miccia capace di fare esplodere tutto il disagio che una situazione del genere nasconde.

  

La consegna di case popolari ai rom tuttavia non è una novità. Alemanno aveva provato a limitarne l'accesso con una circolare in deroga al bando (che invece non esclude i cittadini stranieri regolarmente residenti), ma nel 2014 è stata annullata dalla giunta Marino perché considerata discriminatoria. Le famiglie rom aggredite in questi giorni – oltre a Casal Bruciato, anche a Ponte Mammolo – hanno infatti presentato regolare domanda l'anno scorso, come racconta il sindacato Unione Inquilini che li ha assistiti. Ma la loro candidatura è piuttosto recente se paragonata a quella di altri nuclei idonei. La graduatoria è aggiornata periodicamente dal 2012, anno in cui è stato pubblicato l'ultimo bando che oggi è ancora il riferimento per l'attribuzione dei punteggi. Alcune persone risultano ammesse da allora, ma con l'arrivo di nuove richieste continuano a restare indietro e la lista, invece di ridursi, si allunga puntualmente: i nuclei ammessi erano 11.268 nel 2016, 10.516 nel 2015, 9.628 nel 2014 e così a scalare. Numeri che vanno moltiplicati per i componenti della famiglia, da uno solo fino anche a 14, come nel caso della famiglia di via Sebastiano Satta, a Casal Bruciato. Dimenticarsi di questo mentre nei quartieri popolari scoppia la rabbia significa perdere di vista non solo il problema, ma anche una possibile soluzione.

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