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Raggi non si fa intimidire dalla teppa a Casal Bruciato ma Di Maio la critica

Gianluca De Rosa

Il capo politico del M5s “furioso” con la sindaca sul caso della famiglia rom perché “prima si aiutano gli italiani”. Una giornata tra militanti di CasaPound, residenti e un razzismo vago che si amplifica perché ci sono le elezioni

Roma. Anche ieri per Casal Bruciato, periferia est della Capitale, è stata una giornata particolare. La sindaca di Roma ha deciso di metterci la faccia sulla vicenda della famiglia rom di 14 persone alla quale qui, in un condominio popolare di via Sebastiano Satta, è stato assegnato un alloggio popolare: 100 metri quadri nel fabbricato B scala 3. Uno dei tanti palazzoni che affacciano sul cortile interno da giorni scenografia della protesta e dove ancora ieri c’era un gazebo allestito da CasaPound per “presidiare” il palazzo e dove ieri potevano accedere però solo i residenti. Fuori giornalisti e militanti di ogni schieramento.

  

Alla sindaca non sono stati risparmiati gli insulti. Sia entrando, sia uscendo. Dalle persone affacciate ai palazzi, da quelle che la aspettavano sotto al cancello a quelli radunate sotto il portico di accesso al  condominio. La prima cittadina però ha mantenuto la barra dritta. Parlando, tra urla e spintoni, ha spiegato: “Restano lì, ne hanno diritto. La legge si rispetta”. E forse è stata proprio la fermezza della Raggi a infastidire il capo politico del M5s Luigi Di Maio. Attraverso le agenzie Di Maio, in questa sua rincorsa a Matteo Salvini, ha fatto sapere di essere “furioso” perché “prima si aiutano gli italiani, poi tutti gli altri”. A Casal Bruciato, militarizzata per l’ennesimo scontro tra fascisti e antifascisti, c’era anche (lato antifascisti) Agnese Catini, consigliera comunale del M5s che a chi le chiedeva un commento su Di Maio rispondeva così: “Non penso sia vero. Dai, è una fake”. Ma il ministro non ha smentito. E la Catini: “Francamente pensavo di leggere Salvini”. Anche il gruppo M5s in Campidoglio pubblica un comunicato “Stiamo con la sindaca in questa battaglia di civiltà”.

   

Due giorni fa l’urlo terribile di un uomo verso la mamma della famiglia: “Troia ti stupro”. In un contesto di grevità persino surreali. Quando l’assessore al Patrimonio, Rosalba Castiglione, si era presentata a tarda sera con la presidente del Municipio IV Roberta Della Casa portando del cibo, il segretario regionale di CasaPound Mauro Antonini urlava al megafono: “E la cena è servita”. Poi Cinzia, una residente di un altro dei palazzi che affacciano sul cortile, col mestolo in mano si dirigeva verso il gazebo dei fascisti: “L’assessore porta le pastarelle ai rom, e io porto l’amatriciana a CasaPound”.

  

Intanto la famiglia rom se ne sta lì, circondata. “ Abbiamo moltissima paura: come facciamo a scendere in mezzo alla strada?”, ha detto ieri il papà.

   

 

Fuori, sulla strada, in mezzo a questo circo, tante signore anziane. Sedute o in piedi. All’apparenza tenere, piccole e con il volto segnato. Ma appena aprono bocca fanno sobbalzare. Grappoli, smozzichi di parole: “Li famo arrosto”, “Li bruciamo vivi”, “Meglio un campo rom che avecceli in casa nostra”. Non ci sono solo loro però. C’è anche Antonietta, 85 anni d’eta di cui 40 passati dentro questi palazzoni di cemento: “Qui non si muore di fame nessuno. So’ tutti falsi”. O Francesco, ventidue anni, napoletano: “Quelli di CasaPound so’ amici degli Spada e vengono a prendersela con i rom qui? Ridicoli”.

  

I veri arrabbiati sono quelli che qui la casa se la sono comprata e non l’hanno ricevuta dal comune. Lo spiega bene un vigile che normalmente lavora in Campidoglio, e ieri invece era fuori dal condominio di Casal Bruciato. “Qui ci vive mia madre. La gente è arrabbiata perché s’è comprata casa, quando invece c’erano solo alloggi popolari qui ci passava chiunque senza proteste, c’era già stata una famiglia rom tra l’altro...”. “No, no erano peruviani”, lo corregge il padre che sta con lui al bar, qui, sotto i palazzoni. Il bar che per un giorno è stato il crocevia di residenti, manifestanti, speculatori politici, operatori sociali, curiosi, giornalisti, poliziotti, vigili: “Mi’ padre li zingari hanno provato a faje lo scooter, ma lui li ha presi a bastonate”. C’è un po’ di tutto. Una normalità strapaesana, un po’ ignorante, un razzismo vago che però si amplifica, strumentalizzato. E diventa notizia perché ci sono le elezioni.