Francesco Bonifazi (foto LaPresse)

Bonifazi dice che con il “sistema Parnasi” la fondazione Eyu non c'entra nulla

Annalisa Chirico

Il tesoriere del Pd annuncia querela nei confronti del cronista del Corriere della Sera "che ieri ha scritto una cosa falsa"

Roma. Senatore Francesco Bonifazi, lei è il tesoriere del Partito democratico. Nell’inchiesta sul presunto “sistema Parnasi” ci è finita pure la fondazione Eyu, vicina al Pd che nel bel mezzo della campagna elettorale delle elezioni politiche dello scorso 4 marzo ha incassato un contributo, regolarmente registrato, da una società del costruttore Luca Parnasi. Lei, Bonifazi, conosceva l’imprenditore romano? “L’ho incontrato qualche volta. Intanto so che la fondazione ha sporto querela nei confronti del cronista del Corriere della Sera che ieri ha scritto una cosa falsa: dati alla mano, lo studio in questione ha un valore di circa 40 mila euro, e non di 7 mila come affermato dal giornalista. Se l’imprenditore avesse voluto finanziare il Pd lo avrebbe fatto per il canale diretto. Del resto, ai cultori del sospetto, vorrei domandare: che beneficio ci sarebbe a commissionare una prestazione di servizio a una fondazione, peraltro assolutamente evidente e verificabile, invece che emettere direttamente una liberalità al Pd, fiscalmente detraibile?”.

 

Rimane la questione cruciale: le fondazioni sono diventate un canale surrettizio di finanziamento dei partiti? Tale ipotesi potrebbe diventare una pista per la procura di Roma. “Alla sua domanda rispondo negativamente. C’è chi vuole confondere le mele con le pere sostenendo, per esempio, che la fondazione Eyu sia stata utilizzata come scatola vuota per finanziare il partito. Mi amareggia veder coinvolta in una vicenda poco commendevole una fondazione che è invece una scatola piena, anzi pienissima. E’ una fondazione riconosciuta presso la prefettura di Roma, dopo un vaglio di sei mesi è stata ammessa all’interno della Feps (Foundation for European Progressive Studies, ndr). Vive grazie al lavoro di tre collaboratori e del responsabile amministrativo, giovanissimi ma dal curriculum inattaccabile; produce una rivista trimestrale di approfondimento con firme autorevoli, collabora con le più prestigiose università italiane e ha costi fissi pari a circa 220 mila euro l’anno”. Il suo predecessore, Ugo Sposetti, condivide la proposta del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti per un ritorno al finanziamento pubblico. E sui contributi di Parnasi a Eyu, lo stesso Sposetti si è appellato al Quinto emendamento…

 

“Sposetti si è ridotto a fare sfratti esecutivi alle sedi Pd in giro per l’Italia. Il nostro è il partito che ha abolito il finanziamento pubblico e di questa scelta andiamo fieri. A partire dalla legge n. 13 del 2014, i partiti si finanziano attraverso il finanziamento privato: si può optare per il 2 per mille in dichiarazione dei redditi oppure si possono donare delle liberalità. Il Pd fa il record d’incassi con il suo 2 per mille e arrotonda i propri conti con un po’ di donazioni. La legge sull’abolizione del finanziamento pubblico prevede che ogni atto di entrata e spesa debba essere depositato presso l’Ufficio per la trasparenza dei partiti della Camera dei deputati, organo composto da cinque magistrati. Questo controllo arriva a valle della revisione obbligatoria che viene svolta da una società all’uopo incaricata e, alla fine dei controlli, il bilancio viene reso pubblico”.

 

Per le fondazioni invece l’unico obbligo di trasparenza consiste nella pubblicazione del bilancio. “Vero, ma Eyu non si accontenta. Siamo forse l’unica fondazione che trasmette il rendiconto annuale alla Commissione per la trasparenza per i partiti politici come allegato al fascicolo di bilancio del Pd. Tutti i rapporti tra Pd e fondazione sono pubblici e verificabili. La fondazione, come da contratto sottoscritto, ha svolto tra le tante una prestazione retribuita e non ha in alcun modo riversato quell’importo al Pd; a dimostrazione di ciò è sufficiente guardare il rendiconto elettorale depositato presso la Corte dei conti”. Eppure, a normativa vigente, esiste un modo per non soggiacere ad alcun vincolo di trasparenza: non aderire alla normativa sul 2 per mille. “Esatto. E lei sa chi l’ha fatto? Il M5s. A me pare inaccettabile che coloro che dispensano lezioni di moralità a destra e a manca si sottraggano a un attento scrutinio. Sono disposto a cessare ogni polemica se il vicepremier Luigi Di Maio s’impegnerà a scrivere una legge che sancisca princìpi di trasparenza validi per tutti i partiti e i soggetti a essi collegati, nessuno escluso”.

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