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Ricordi in libertà

I matrimoni da musical di Berlusconi

Giancarlo Loquenzi

Ha cominciato la sua carriera facendo il crooner sulle navi da crociera, è sceso e risceso in politica sulle note di innumerevoli e indimenticabili inni, ha portato alla ribalta uno come Mariano Apicella e poi i duetti in francese con Confalonieri, Nino D’Angelo e Peppino Di Capri

Di politici che abbiano avuto un musical interamente dedicato a loro e fin dal titolo mi vengono in mente subito Evita Peron e Alexander Hamilton; Silvio Berlusconi si è aggiunto solo ora con il tutto esaurito al teatro Southwark Playhouse di Londra. E mi verrebbe da strologare sulle tre figure, la regina del populismo e il padre della patria, per collocare Berlusconi nel mezzo, un po’ l’una e un po’ l’altro. A dire il vero ci sarebbe anche un musical dedicato a Barack Obama ma mi pare sia passato piuttosto inosservato. Più interessante e rivelatore mi pare il fatto in sé: che Berlusconi alla fine di una lunga e multiforme carriera e mentre già prende forma la sua cerimonia degli addii, venga immortalato, non in una fondazione o in una qualche opera omnia ma in un gioco musicale scanzonato e caotico, popolare e sofisticato, come è stata al fondo la sua vita. Il musical non lo tratta bene, sia chiaro, ma non è questo il punto. Il punto semmai è che Berlusconi molto probabilmente ne sarà felice. Lui non ha mai voluto costruire il suo monumento e quando ha provato a farlo si è divertito molto di più nel buttarlo giù. Sulla scena si racconta “la storia sorprendente, stravagante e quasi vera di uno dei leader politici più carismatici, affascinanti e moralmente falliti del mondo”. Ma si sa che la morale e più ancora il moralismo non sono mai stati la sua cup of tea. Il fatto è che questa storia la si racconta in musica: tutto sommato un bel finale per uno che ha cominciato la sua carriera facendo il crooner sulle navi da crociera, è sceso e risceso in politica sulle note di innumerevoli e indimenticabili inni, ha portato alla ribalta uno come Mariano Apicella, regalandogli le sue rime – il primo album del loro sodalizio canoro suona quasi come un epitaffio: Meglio ‘na canzone – e poi i duetti in francese con Confalonieri, Nino D’Angelo e Peppino Di Capri, le malefemmene e le tammurriate. Il tutto con il sigillo niente meno che di Lucio Dalla: “Berlusconi canta bene, su questo è inattaccabile”. Una vita quella di Silvio Berlusconi che è già un musical, un prodotto infondo innovativo per il paese dell’opera e dell’operetta, una seconda repubblica musicale, buona per la televisione, la radio, le strimpellate in strada e i predellini; i matrimoni quelli finti e quelli veri, le discese ardite e le risalite, i lieto fine e la commozione. Un prodotto popolare che saltella lungo il confine del populismo senza caderci, orecchiabile e contagioso ma senza acuti o roboanti toni commendatoriali. Fossimo il paese con Broadway si sarebbe trovato qualcuno a riscrivere un Don Giovanni senza duelli e senza inferni, ma con tanti fantastici nani e splendide ballerine e con Don Silvio a fare e disfare matrimoni e partiti politici “Idol mio, non vedete ch’io voglio divertirmi?”.

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