Boris Johnson (Foto LaPresse)

La questione femminile di Boris Johnson

Paola Peduzzi

Sei donne, due cosce strizzate, un’ipnosi e un coro. Ma per il primo ministro inglese sono solo “scemenze”

Non c’è solo la Brexit, ripetono i politici inglesi sperando di spostare l’attenzione altrove, lontano dalla pena di un divorzio talmente aspro e lungo e deprimente che sono persino finiti i panni sporchi da lavare in pubblico. Alla vigilia della conferenza dei Tory, il partito al governo, l’invito è stato finalmente accolto: si parla d’altro, si parla di donne, ma il lieto fine non c’è nemmeno questa volta.

 

Le donne di cui si parla sono: Jennifer Arcuri, l’imprenditrice americana amica di Boris Johnson che nel 2013, quando lui era ancora sindaco di Londra, ha ricevuto 10 mila sterline di fondi da un’associazione gestita dal comune della capitale britannica e ha avuto accesso a tre viaggi organizzati da Johnson per gli imprenditori pure se la sua azienda non presentava i criteri richiesti agli altri imprenditori per la partecipazione. Allora, la Arcuri aveva confidato a quattro persone – vatti a fidare degli amici – di avere una relazione sentimentale con Johnson, che come si sa ha una predilezione per una vita sentimentale affollata. L’inchiesta verte sul conflitto d’interesse finanziario, naturalmente, che lo stesso Johnson ha liquidato così: “Sono state fatte scelte appropriate in ogni contesto”.

 

La seconda donna di cui si parla è Charlotte Edwardes, nota giornalista appena passata al Sunday Times, che domenica mattina ha pubblicato un articolo per celebrare il secondo anniversario del #metoo, in cui raccontava che nel 1999, quando era stagista presso il magazine Spectator, si è ritrovata seduta al tavolo di fianco al direttore che le ha “strizzato la coscia” sotto al tavolo. “In seguito – scrive la Edwardes – ho confidato l’accaduto a un’altra giovane donna seduta all’altro lato del direttore. E lei mi ha detto: ‘Oddio, ha fatto esattamente la stessa cosa con me’. Abbiamo fatto congetture insieme: le strizzate erano simultanee? Non voleva fare differenze? ‘E hai notato quante volte ha citato la sua attuale moglie?’, ha detto lei. Lo avevo notato”. Il direttore dello Spectator allora era Boris Johnson.

 

La terza donna è proprio quella della conversazione con la Edwardes: da domenica si è sparsa la voce che fosse Mary Wakefield, giornalista dello Spectator, che ha rilasciato una dichiarazione ieri pomeriggio: non sono io la protagonista dell’altra strizzata di coscia, conosco e ammiro la Edwardes ma non mi ha mai raccontato di quell’episodio. Perché tante chiacchiere ed enfasi sulla Wakefield? Perché è la moglie di Dominic Cummings, il superconsigliere di Johnson che secondo molti conservatori “ha ipnotizzato” il premier (per completezza: la Edwardes è la compagna di Robert Peston, uno dei giornalisti più famosi del Regno che conduce un talk show politico che si chiama come lui, “Peston”).

 

La quarta donna di cui si parla è un’altra ipnotizzatrice: Carrie Symonds, attuale compagna di Johnson che due mesi fa era stata sentita dai vicini mentre litigava furiosamente con il premier appena nominato e che ora pare abbia spintonato via tutti i collaboratori di Johnson, e fa la strategia assieme a Cummings – una fonte anonima ha detto al Sun: “Carry fotte la mente di Boris, lo ha completamente rapito”. Persino lo storico consigliere Lynton Crosby, che consigliava cautela con le istituzioni, dal Parlamento alla Regina, è stato messo da parte dagli accalappiatori Cummings-Symonds.

 

La quinta donna è proprio lei, la Regina, che secondo alcune indiscrezioni – non verificabili: è il bello del gossip reale – avrebbe chiesto un parere legale ai suoi consiglieri: posso cacciarlo questo premier menzognero, sì?

 

La sesta donna è in realtà un coro di donne: parlamentari laburiste e conservatrici dicono che i toni del premier – “surrender”, resa, ripetuto in continuazione, così come “traditori” rivolto a chi non vuole il no deal sulla Brexit – incitano alla violenza, e loro lo sanno bene perché ricevono minacce ogni giorno. Ma per Johnson (e per i suoi, e per il 30 per cento di elettori inglesi che continua a voler votare Tory) questo è il coro delle “scemenze”. Si può non ascoltarlo, si può far finta di nulla, si può trasformarlo nelle conversazioni tipiche con le mogli: le recriminazioni sono un rumore di sottofondo. A ben vedere vale con tutto: in fondo anche l’Europa è femmina.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi