Beto O’Rourke all'università del Texas (foto LaPresse)

Beto O'Rourke ci racconta pure qual è il bagno libero in casa la mattina

Paola Peduzzi

La quotidianità è empatia purissima, certo, ma è anche noia immediata. L'abitudine uccide i matrimoni, figurarsi cosa può fare con le urne. Manteniamo le distanze, per favore

Ci siamo infatuati di Beto O’Rourke, il candidato che fa sognare, che fa sussultare a ogni decimale di consenso conquistato, che scalda i cuori, finalmente, dopo il ghiaccio secco clintoniano e il gelo della sconfitta del 2016 che ancora non si è sciolto. E pazienza se tutto è finito con un sospiro e niente più, il Texas in fondo è inespugnabile per un democratico, però il distacco con Ted Cruz, incumbent repubblicano, era ridotto, vuol dire che le crepe ci sono e che con qualche colpo ben assestato la prossima volta verrà giù la fortezza del sud, e chissà quante altre roccaforti. O’Rourke ha perso ma è un vincitore morale, quella categoria in cui i perdenti si trovano comodi, assieme al voto popolare più favorevole ai democratici e ad altri numeretti che tengono alto l’onore degli sconfitti, e la loro superiorità morale. E poi O’Rourke è molto di più, non è un amore passeggero, è la storia nuova che andavamo cercando, con la famiglia allegra e alla mano che gira il Texas in auto e parla con tutti, la dimestichezza con la gente comune che straccia i commentatori che dicono che ormai le sinistre non sono più partiti del popolo, si sono chiuse nei palazzi e nelle oasi lussuose delle grandi città e non sanno più uscirne. O’Rourke è la dimostrazione che la ripartenza è possibile, l’onda blu non c’è stata ancora ma si formerà prima del 2020, apposta per il 2020, perché le stelle del sistema americano si stanno allineando per i democratici e non per i repubblicani, perché l’obbrobrio Trump si deve sanare, perché i volti nuovi ci sono, e sono belli, rassicuranti, combattivi, indefessi, affilati, le elezioni di metà mandato sono state soltanto una prova generale.

  

Di tutti i provini, quello di O’Rourke è stato il più seguito e il più chiacchierato, sono arrivati dall’estero molti esperti di politica grassroot a studiare il fenomeno, comprese le tante piccole donazioni che hanno reso la campagna di O’Rourke la più ricca di sempre (ha perso comunque, sì) e mentre si pensa a chi potrà essere il candidato anti Trump per il 2020, il nome di Beto corre sulle labbra di molti, come un sussurro indicibile, un sogno che racconteremo con calma. Lui intanto deve adattarsi a questa vita di mezzo: dopo la sbornia di popolarità, dopo i comizi seguitissimi, i giornalisti di tutto il mondo planati per vedere da vicino il nuovo Obama o il nuovo Clinton o il nuovo-chiunque, dopo questo party preventivo finito senza regali (ma tanto nessuno se li aspettava), O’Rourke deve tornare alla vita normale. Mentre aspetta che il Partito riprenda nuovamente le misure a se stesso, con i deputati che hanno riconsegnato ai liberal la Camera e la frattura ideologica ancora lì, sempre lì, soltanto da radicali si battono i radicali come Trump oppure ritorniamo nel centro politico disabitato e attiriamo i moderati, che oggi non sono più rappresentati da nessuno, mentre il dibattito va avanti, O’Rourke deve gestire la sua immagine quotidiana. Tenersi pronto ma senza sembrare l’ambizioso ansioso e senza farsi dimenticare in fretta. Per ora lui ha scelto di continuare con la sua strategia dell’accessibilità totale: sono uno di voi, abbiamo gli stessi problemi, li conosco bene, ho una formula per risolverli.

 

Così Beto si è messo a raccontare la sua quotidianità, la routine della mattina prima di andare a correre (compreso il bagno occupato sempre e gli tocca andare in quello da basso che non usa nessuno), il ginocchio che smette di fare male e chissà se è un segnale di un cambiamento in arrivo, la pizza con i figli, la carne marinata nelle stories di Instagram, la gratitudine nei confronti del “mistero di essere vivi”. O’Rourke scrive ogni dettaglio, come se fosse imprescindibile, per tenerci vicini, per tenersi vicino lui a noi, mentre aspetta che la grande avventura texana diventi qualcosa di più. E speriamo che, se così deve essere, l’investitura arrivi in fretta perché la quotidianità è empatia purissima, certo, ma è anche noia immediata, abitudine, rumore soffice di ciabatte da dimenticare appena ci si chiude la porta di casa alle spalle. L’eccesso di quotidianità uccide i matrimoni, figurarsi cosa può fare con quell’attimo di fuggente volubilità che è il momento in cui si mette il voto nell’urna. Conoscersi è bello, ma piano con l’intimità: la distanza è curiosità, dimmi tutto di te al momento giusto.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi