contro mastro ciliegia
Altro che Navratilova “transfobica”, servirebbe Fallaci per chiederle cos'è il perbenismo
Il Corriere ha ripubblicato una magnifica intervista della giornalista fiorentina a Gianni Rivera: sarebbe bello leggerne una simile ma alla leggendaria tennista accusata di non essere inclusiva per le sue opinioni sulle atlete trans
Sarebbe molto interessante poter leggere questa mattina un’intervista a ego duro di Oriana Fallaci a Martina Navratilova, la guerriera con la penna che chiede alla guerriera con la racchetta: “Davvero il suo perbenismo è feroce. Mi dica signora Navratilova, come vive una donna così ferocemente perbene?”. Gianni Rivera compie ottant’anni e ieri il Corriere ha ripubblicato una magnifica intervista che Fallaci gli fece quando il Golden Boy ne aveva venti. Dall’alto in basso, con un fastidio sociale esibito che oggi sarebbe condannato nel sinedrio dei social e/o media come classismo al limite dell’abilismo (il ragazzo è ignorantello, sapete?). Il “perbenismo feroce” (erano gli anni in cui la upper class preferiva il permalismo), il sarcasmo. Ma Rivera era già intelligente, sapeva come fingere di ignorare i colpi: per il ragazzino che “dorme ancora col suo fratellino”, che mangia ogni sera con la mamma, “un gran peccato aver abbandonato la scuola così presto”. “La ragazza? Non ce l’ha la ragazza?”. Come vive un ragazzo “così ferocemente per bene”?
Sarebbe bello poter leggere oggi un’intervista di Oriana Fallaci a Martina Navratilova – che cos’è o non è il perbenismo? – invece di essere costretti a dribblare per noia il flusso del perbenismo mediatico. Le risposte automatiche ma fuori misura davanti a uno smash in faccia a cento all’ora. “Un’entrata a gamba tesissima. Inaspettata, decisamente, da parte di un’icona della lotta per i diritti e l’inclusione” (tipico sommario italiano); “cinque anni dopo (perché non è la prima volta, ndr) è tornata a seminare transfobia” (tipico sito militante). Il complotto transfobico, il solito plot.
Chissà se Oriana Fallaci, che i soliti plot li aborriva, le avrebbe detto davvero “il suo perbenismo è feroce”. O non le avrebbe chiesto, incrociando sottorete la volée: “Non crede che il vero perbenismo sia invece il loro?”. Martina Navratilova ha 66 anni, è ancora campionessa in carica per titoli vinti, 59 Slam, “icona lgbtq+” quando ancora non si diceva così, da quando nel 1981 dichiarò la sua omosessualità e bisessualità. Non è la prima volta che critica apertamente, con un linguaggio colorito che oggi viene squalificato come “non inclusivo”, la partecipazione agli sport delle donne di persone transessuali nate maschi. Stavolta il casus è la tennista trans Alicia Rowley che ha vinto alcuni tornei femminili over 55 della United States Tennis Association.
Navratilova ha scritto: “Non è giusto e non è corretto. Il tennis femminile non è per atleti maschi falliti, qualunque sia la loro età”. Altro che transfobia, tutto il contrario, dice: “E’ patriarcato che gli uomini biologici insistano sul diritto di competere nella categoria femminile nello sport, sul diritto di entrare negli spazi creati per le donne. Quanto è difficile da capire?”. Non l’avesse mai detto, ma lo dice da tempo. Ecco, forse forse, ma ci vorrebbe una Fallaci per saperlo dire, il vero perbenismo – come il timido e poco scolarizzato Rivera intuiva, quando resisteva alle domande alla moda della tremenda fiorentina – sta in come si usano le parole: “I diritti dell’inclusione”, sparato come un doppio fallo tra i piedi di Navratilova, è il linguaggio sbagliato, perbenista. La grande tennista si batte da sempre (ma poi si batte, o semplicemente “è”?) per il libero diritto di essere e vivere come vuole. Inclusione è il pregiudizio che sarebbe contro qualcuno, “transfobico”, affermare che “non puoi solo proclamarti femmina e competere con le donne”. Almeno nel tennis. Cos’è, il perbenismo?
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