Golden Globes 2024 - foto Ansa

politically correct

A Hollywood solo innocui balletti. Obiettivo: non offendere nessuno

Giulio Silvano

La frase da bar "non si può più dire niente" è diventata realtà nel mondo del cinema e non solo: il palco degli Oscar e dei Golden Globes è una piattaforma in mezzo al jet set dove bisogna far ridere tutti, in diretta, senza mai esagerare, moderati e in linea, aggiornati ai nuovi diktat

Forse la frase da bar, abusata e importata, “non si può più dire niente”, ormai mantra dei nostri tempi, la possiamo davvero applicare ai palchi di Hollywood dove vengono consegnati i grandi premi di cinema e Tv. Per cinque anni a ospitare i Golden Globes era stato invitato Ricky Gervais, comico britannico ateo e dissacrante, che sembrava messo lì per rendere ridicola la parata di grandi star, il sistema vanitoso delle celebrities, e anche la politically correctness dello show business: “Dovevamo far vedere un carosello di celebrità morte quest’anno, ma non era abbastanza variegato. C’erano troppi bianchi. E così non si è fatto”, diceva. Faceva la parte dell’outsider, come se sperasse, esagerando, di non essere più invitato, e rompendo quei tabù generando stupore nei volti puritani del pubblico. Ma quel tempo è finito, nonostante fosse solo cinque anni fa. Nel 2022 nessun ospite. L’anno dopo l’afroamericano Jerrod Carmichael. E ora Jo Koy. Non molte persone, come di Carmicheal, hanno sentito parlare di Jo Koy. Il motivo è che i big non hanno voglia di finire dentro le polemiche delle serate dei premi. O di beccarsi gli schiaffi di Will Smith, come accadde a Chris Rock agli Oscar dopo una battuta sulla moglie Jada Pinkett.

 

Ospitare è forse oggi il lavoro più pericoloso a Hollywood (oltre a stare sul set di un western con Alec Baldwin). Il palco degli Oscar e dei Golden Globes è una piattaforma in mezzo al jet set dove bisogna far ridere tutti, in diretta, senza mai esagerare, moderati e in linea, aggiornati ai nuovi diktat. Giusto alcuni volti ci riescono, non a caso dei presentatori più che comici da stand-up, re della TV da prima serata, estremamente pacifici e democristiani come Jimmy Kimmel (che ospiterà gli Oscar per la quarta volta a marzo). Il poco conosciuto Jo Koy – ha qualche special su Netflix dove fa stand-up – è stato sommerso da critiche per le sue battute ai Golden Globes. Proprio lui, che anzi ha cercato di ammorbidire il pubblico dicendo che da ragazzino mezzo asiatico non vedeva l’ora di vedere qualcuno come lui su quel palco, invece dei soliti bianchi. Ma alcune battutine un po’ sessuali, percepite come misogine, lo hanno fatto fischiare dai vari cinematografari seduti intorno ai tavoli. I fischi sono arrivati sui commenti a “Barbie” di Greta Gerwig che sfidava per il nuovo premio – miglior box office – il biopic di Nolan. “Oppenheimer è basato su un libro di 721 pagine vincitore del Pulitzer, Barbie è basato su una bambola di plastica con le tette grandi”. La rivista Time l’ha decretata peggiore battuta della serata. Anche Taylor Swift se l’è presa per una freddura sulla visibilità che le viene data quando va a vedere le partite di football del suo ragazzo. Il crimine di Koy si limita alla goffaggine su quello che è un palco fondamentalmente televisivo, o forse aver risposto al pubblico, glaciale o infastidito, incolpando i suoi autori, e ricordando: “Mi hanno dato questo lavoro dieci giorni fa, volete il monologo perfetto? State zitti”. 

 

Non si può più dire niente, forse è vero, almeno nei teatri di Los Angeles in diretta nazionale. Resta solo la comicità fisica, quella considerata innocua secondo i parametri odierni di Beverly Hills. E infatti il momento in cui il pubblico si è sbellicato di più – con Matt Damon che lacrimava – è stato quando i due veterani di Saturday Night Live, Will Ferrell e Kristen Wiig, hanno fatto un simpatico e mite balletto che sembrava quello di un varietà di cinquant’anni fa. Si tornerà alla commedia muta, forse – e non certo a quella di Benny Hill che va in giro a toccare i culi.