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Venezia 2023

Di contemporaneo al Festival si vede ben poco, mentre incombe l'ombra dell'AI

Mariarosa Mancuso

Oltre al magnifico “Dogman”, di non antiquato la mostra di Venezia finora ha offerto pochissimo. Da Comandante a Finalmente l'alba, ma anche La favorita e El Conde, tutti i film raccontano il passato

Cercasi film contemporaneo. Oltre al magnifico “Dogman” di Luc Besson, di non antiquato – per temi e ambientazione – la mostra di Venezia finora ha offerto pochissimo. Parliamo del concorso, le sezioni “innovative e sperimentali” non sono raggiungibili per scarsità di tempo e obbligo di prenotazione. Sicuro, la lezione l’abbiamo sentita oltre la noia: sono film che raccontano il passato per denunciare i mali del presente, come “Comandante” di Edoardo De Angelis. Il capitano di corvetta Salvatore Todaro cannoneggia la nave nemica, ma poi salva i naufraghi ospitandoli nel sommergibile dove già stanno stretti. L’italiano ha un sovrappiù di umanità, a bordo il cibo scarseggia ma il mandolino c’è. Non faremo torto a Liliana Cavani definendo “contemporaneo” il suo film, “L’ordine del tempo” (già nelle sale). Sulla scia del saggio di Carlo Rovelli, sbriciola l’idea che il tempo sia come noi lo conosciamo, mentre un meteorite sta per abbattersi sulla terra – e sui cinquantenni che a Sabaudia festeggiano un compleanno. “Dance Me to the End of Love” di Leonard Cohen, nella tradizione dei film italiani, risolve il dramma in musica. Cercasi film contemporaneo. Saverio Costanzo in “Finalmente l’alba” torna agli anni 50 di Cinecittà, riservando all’amata Alba Rohrwacher il ruolo di Alida Valli. Si comincia in una sala cinematografica, proiettano un film in bianco e nero che piace poco perché è triste, il ricordo della guerra e dei tedeschi è ancora presente. All’uscita, una madre e le due figlie vengono fermate per strada da un cacciatore di comparse. 

La timida Mimosa viene vista e scelta dalla prima attrice (si sta girando un film ambientato nell’antico Egitto, con una donna Faraone molto cattiva e capricciosa). Alla fine delle riprese, la notte brava in una villa di Capocotta, poco lontano da dove è appena stato trovato il cadavere di Wilma Montesi. Cronaca nera che scatenò morbose fantasie, si parlava di festini e di politici. Insomma: l’innocente nella tana dei lupi, che si ubriaca e fa anche un tiro di coca. Arriva mattina senza che Saverio Costanzo conceda qualche scena originale, briosa, non prevedibile. Per dovere di cronaca: alla proiezione per stampa e addetti ai lavori molti hanno lasciato la sala prima del finale leonino (la bestia è scappata da Cinecittà).

Il greco Yorgos Lanthimos si era divertito con “La favorita”, spassosa guerra di corte all’epoca della regina Anna (sono gli anni di Jonathan Swift e dei “Viaggi di Gulliver”). Gran divertimento anche per gli spettatori. Da un romanzo assai sperimentale di Alasdair Gray – “Poor Things” – ora ricava la sua versione di Frankenstein e della creatura. E’ una donna, ripescata dal fiume e ricomposta da uno scienziato pazzo con la faccia tutta cicatrici di Willem Dafoe. Anche lui aveva fatto da cavia per gli esperimenti di papà.

La creatura è Emma Stone, bellissima ma con un cervello infantile. Deve imparare a camminare, a mangiare senza ingozzarsi, a comportarsi in società, e un sacco di altre cose che una donna deve saper fare. Per esempio, non fidarsi del primo venuto che dice di amarti. Lo sfondo è vittoriano, con i dirigibili, una Lisbona di fantasia, una Parigi con i bordelli dove l’educazione si completa. 

La fanciulla, come la creatura di Frankenstein, impara a leggere, a filosofeggiare, e soprattutto a non credere più alle parole dei maschi. Per un po’ il film è brillante, poi solo curioso, e resta la sciagurata impressione che il regista e lo sceneggiatore abbiano mischiato idee geniali – e ideuzze di poco conto – senza mai darsi la pena di sfrondare. Difetti ingigantiti nel film di Pablo Larraín “El Conde”, ovverosia Pinochet: ennesima incarnazione di un vampiro che già succhiava sangue ai tempi della ghigliottina. E di tirannia in tirannia arriva fino al Cile, e magari oltre.

“Vanishing Act”, titola il Guardian: sono gli spettacoli dei maghi che fanno sparire fanciulle o pois da un foulard (in un film di Woody Allen, presenza sempre discussa anche qui al Lido, dove presenta “Coup de Chance”: non sarebbe ora di piantarla?). Parla dei divi assenti che aderiscono allo sciopero. E non hanno avuto licenze speciali. Per esempio, non ci sono Emma Stone né Michael Fassbender. Anche chi finora non lo sapeva – c’è ancora un po’ di pubblico “non professionista” che vede i film di richiamo – ora sa che stanno scioperando gli attori. E soprattutto gli sceneggiatori, primo motore per i film a venire. Malpagati, sfruttati e minacciati dall’intelligenza artificiale, che sputerà film fotocopia.

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