Il conte Karl August von Reisach (Roth, 6 luglio 1800 – Contamine-sur-Arve, 22 dicembre 1869) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico tedesco

Conservatore illuminato

Giandomenico Mucci S.I.

La Chiesa, il liberalismo e le riforme. Il cardinale Reisach al tempo di Pio IX. Un’anticipazione

Pubblichiamo alcuni stralci tratti da “Un conservatore illuminato nel tempo di Pio IX”, articolo che sarà presente sul prossimo numero della Civiltà Cattolica, in uscita sabato 16 maggio.


  

Con il Concilio Vaticano II, la Chiesa è uscita da quella fase della sua vita che era caratterizzata dal culto dell’assoluto, anche a livello delle sue scelte temporali, e ha riscoperto il senso del relativo, ossia della storia, dell’importanza che gli eventi umani hanno per la sua vita, sia come istituzione sia come singoli suoi membri. Fondata dal Risorto e vivente del suo Spirito, salda nella fedeltà al deposito della fede, la Chiesa accetta di lasciarsi mettere in questione senza arroccamenti, riconoscendo nel nostro tempo un segno e una vocazione precisa a cui lo Spirito la sollecita per capire l’evoluzione e le attese del mondo contemporaneo. Questa riscoperta del senso della storia è stata avvertita come necessaria per il futuro della Chiesa, già nell’Ottocento, da uomini che vissero l’urto della fede cattolica con l’ideologia e la mentalità liberali e cercarono con ansia apostolica la composizione del dissidio. In questi autori, l’auspicata apertura della Chiesa alla storia comporta tre conseguenze: la riforma della Chiesa, per avviarla a una religiosità più austera; l’inserimento della Chiesa nel mondo e, nel rispetto dei sui princìpi dottrinali, l’accettazione dei valori storici e politici per l’azione ecclesiale; la simpatia per il progetto della nascente nazione italiana politicamente unificata. Essi sostenevano, quindi, che la Santa Sede non avesse bisogno di autorità temporale e di possedimenti territoriali per esercitare il suo ufficio pastorale. (…)

 

Noi vogliamo segnalare il contributo che al tema della riforma della Chiesa, promosso nell’Ottocento in maniera più o meno ortodossa dal liberalismo, diede nello stesso secolo un ecclesiastico tedesco, ma vissuto a lungo in Italia, dove a Roma ricoprì altissimi uffici curiali e diplomatici: il card. Karl August von Reisach. La sua esperienza confluì nella sententia da lui preparata per Pio IX in vista della convocazione del Concilio Vaticano I. Questo documento, frutto evidente di prolungata riflessione e di moderazione e prudenza romane, porta segnati la genesi e i caratteri della crisi dell’epoca e, insieme, dichiara l’esigenza della Chiesa di aprirsi alla storia del tempo. (…) Reisach fu un conservatore illuminato. Fu un conservatore, nel senso in cui lo è, e deve esserlo, ogni cristiano e, a maggior ragione, ogni vescovo, cioè custode e discepolo della fede rivelata e definita. Illuminato, nel senso che non si limitò a dissentire e, talvolta, a condannare il pensiero moderno, ma lo prese sul serio, lo meditò e non gli fu pregiudizialmente nemico. Il che non è poco, anzi è singolare, in un cardinale di curia dell’Ottocento, che vedeva messa in forse l’esistenza stessa dello Stato temporale della Chiesa e fu spettatore della politica annessionistica piemontese. La sua preoccupazione preminente era di ordine teologico e pastorale. Come allora si usava tra i cattolici, vedeva nel liberalismo l’effetto di una filosofia, panteistica e idealistica, che aveva generato l’indifferentismo e il razionalismo religioso, “cosicché non vi è scienza od arte umana né teoretica né pratica che non sia impregnata e guasta con opinioni o dottrine le quali se non direttamente e apparentemente, almeno indirettamente e nel loro logico sviluppo attaccano le verità della fede”. Lo preoccupava molto il liberalismo cattolico per quel fenomeno di osmosi che inevitabilmente si produce tra la cultura di un’epoca e il clero e il laicato della Chiesa sì da contaminare il modus procedendi delle istituzioni ecclesiastiche. Temeva l’estinzione completa di quella influenza della Chiesa nella società civile e che a lui pareva “scemata moltissimo, per non dire affatto estinta”. Il momento pastorale prevaleva su quello meramente politico. Sebbene, dunque, in sede teorica, la condanna del liberalismo sia in Reisach netta per i presupposti di quella filosofia e per le conseguenze che ne deriverebbero se fosse applicata alla vita dottrinale e pubblica della Chiesa, Reisach accetta la lezione che gli “errori moderni”, nonostante tutto, impongono alla Chiesa. Dallo scontro tra questa e la cultura dominante trae motivo per proporre a Pio IX e al futuro Concilio l’urgenza di purificare la Chiesa da quanto la rende, più o meno giustamente, invisa a quella cultura, sempre fermo il rispetto dei costitutivi elementi divini: “E’ appunto oggigiorno che il falso progresso […] rimprovera alla chiesa la sua stabilità come quella che la rende inabile a condurre ed a dirigere la moderna società. Ora che ai giorni nostri vi siano ragioni che persuadono una qualche revisione della disciplina ecclesiastica, e che la medesima non possa farsi meglio che in concilio generale, mi sembra non potersi mettere in dubbio”.

  

Ed ecco le ragioni che consigliano la riforma: “Se non che sul finire del secolo passato e sul cominciare del presente gli sconvolgimenti politici e sociali estendendo la loro influenza su tutte le parti del mondo, tutto l’ordinamento della società civile e pubblica, lo stato e le relazioni esterne della chiesa cattolica hanno subìto mutazioni così fondamentali ed essenziali, che l’applicazione e l’osservanza esatta e formale di non poche leggi ed istituzioni disciplinari della chiesa sono divenute nella più gran parte dei differenti stati e paesi difficilissime, ed in alcuni punti impossibili e finanche danneggievoli alla chiesa”. Le “leggi ed istituzioni disciplinari”, di cui parla spesso Reisach, sono quelle che servono a conservare intatta la costituzione essenziale, e non questa ma quelle “debbono adattarsi alle differenti circostanze di tempo e di luogo”(…). E che diranno i conservatori meno illuminati? Questi, “in vista delle innovazioni […], s’oppongono a qualunque siasi modificazione benché richiesta dalle circostanze del tutto mutate, e ciò in cose che non sono legate con immobili principii, ed ove un prudente temperamento preso a tempo ed in giusto riguardo alla presente condizione delle cose da parte della chiesa medesima potrebbe prevenire cambiamenti illegittimi e violenti”. E’ un’osservazione ancora oggi valida.

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