Il tentativo di ricomporre la grande frattura che ha diviso la chiesa in nome di Wojtyla

Matteo Matzuzzi

È indubbio che il fine della riforma dell’istituto sia quello di adeguarlo alle nuove priorità incardinate nell’agenda di Papa Francesco, ma pare essere giunto il momento della ricomposizione

Roma. Dopo il tempo dello scontro, delle petizioni e della raccolta di firme (tante), si cerca di ricomporre la situazione per uscire dall’impasse che ha lasciato nelle secche l’Istituto Giovanni Paolo II per le scienze sul matrimonio e la famiglia (come da nuova denominazione). Con l’anno accademico alle porte e con il santo nome di Karol Wojtyla da difendere, è bene trovare un accordo che ponga fine allo schema del muro contro muro che ben poco frutto ha dato e continua a dare. Le perplessità sull’iter seguito in quest’ultimo biennio, dal motu proprio “Summa familiae cura” che cambiava la natura dell’Istituto all’approvazione degli statuti un paio di mesi fa con l’allontanamento di diversi docenti molto legati a Karol Wojtyla, restano tutte e sono messe nero su bianco – “la causa di queste mancanze si trova in parte nel fatto che non c’è stato un vero processo di consultazione, né con i professori della sede centrale, né con le autorità del consiglio internazionale” –, ma è il momento di lavorare con spirito “costruttivo”. E’ indubbio che il fine della riforma dell’istituto sia quello di adeguarlo alle nuove priorità incardinate nell’agenda di Jorge Mario Bergoglio, ma pare essere giunto il momento della ricomposizione.

 

I firmatari della lettera (datata 27 agosto) inviata al Gran cancelliere mons. Vincenzo Paglia e al preside mons. Pierangelo Sequeri, sono quattro tra i più illustri docenti dell’Istituto intitolato al Pontefice polacco, tre di questi ospitati in passato anche su questo giornale. Al centro dell’appello c’è la proposta di creare una nuova cattedra da affiancare a quella – al momento soppressa – di Teologia morale fondamentale, occupata in passato da Carlo Caffarra e in ultimo da Livio Melina. “Invece di eliminare la cattedra, se ne crei un’altra nuova, in modo che ci siano due cattedre di morale generale, il cui dialogo esprima il rapporto tra l’antico e il nuovo, proprio di ogni vera continuità della dottrina”, scrivono nella lettera Diriart, Granados, Kampowski e Pérez Soba. “Secondo questa nostra proposta – propongono – ci sarebbe una cattedra di morale fondamentale, quella che finora ha funzionato all’interno dell’Istituto, e poi un’altra cattedra di  Teologia morale dell’accompagnamento, che potrebbe riflettere sulla proposta pastorale di  Amoris laetitia  per poter condurre il soggetto odierno a una vita secondo il Vangelo”. I firmatari spiegano poi che “l’esistenza di queste due cattedre esprimerebbe a livello accademico  la novità nella continuità, secondo un vero sviluppo della dottrina, evitando ‘cambiamenti di paradigma’ radicali contrari alla logica della fede. In questo modo si contribuirebbe a illuminare una questione fondamentale per la chiesa oggi”.

 

E’ una mano tesa ai vertici per uscire da una situazione anche mediaticamente complessa, come dimostra il susseguirsi negli ultimi due mesi di appelli e raccolte firme al di qua e al di là dell’oceano. Una battaglia per la difesa dell’eredità di Giovanni Paolo II che è stata ridotta banalmente e superficialmente a guerra contro il Papa regnante, Francesco.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.