Papa Francesco con i vertici dell’istituto Giovanni Paolo II, il Gran Cancelliere mons. Vincenzo Paglia e il preside mons. Pierangelo Sequeri (foto LaPresse)

Tregua dopo la tempesta

Quattro professori dell’Istituto Giovanni Paolo II scrivono al Gran cancelliere Paglia e al preside Sequeri: “La libertà di cattedra è stata ferita, ma ripartiamo”

Roma, 27 Agosto 2019

Eccellenza Reverendissima,

Gentile Preside,

Vi scriviamo con preoccupazione dopo gli eventi avvenuti al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, dove da anni insegniamo come professori stabili.

 

Il motu proprio di Papa Francesco Summa familiae cura è stato ricevuto lealmente da tutta la comunità del nostro Istituto fin dalla sua pubblicazione. La ricezione è avvenuta con speranza anche grazie alle parole che voi, come Gran Cancelliere e Preside dell’Istituto, ci avete rivolto. In una comunicazione pubblica all’intera comunità accademica con data 19 settembre 2017 avete affermato che il motu proprio non doveva in nessun modo capirsi come eliminazione di ciò che c’era, ma come ampliamento con nuove possibilità. La prova, avete aggiunto, è che il Santo Padre affidava proprio alle autorità accademiche del vecchio istituto, tutto il passaggio di costituzione concreta del nuovo assetto, includendo le cattedre e i piani di studio. Con il motu proprio il Papa voleva, avete concluso, mettere la sua firma sull’Istituto e, così, farlo anche suo. In questa luce abbiamo lavorato insieme durante questi due anni, secondo le indicazioni del motu proprio.

 

Grande è stata la nostra sorpresa, quando abbiamo visto che, nell’approvazione dei nuovi statuti, l’effettiva interpretazione del motu proprio era contraria a quella che continuamente ci era stata offerta. Invece, dobbiamo costatare che il motu proprio è stato usato come scusa legale per realizzare cambiamenti all’interno dell’Istituto senza rispettare il passaggio, normale in un’istituzione accademica, attraverso il dialogo con il corpo docente. In questo modo si è potuto perfino privare due dei nostri docenti ordinari delle loro cattedre, fatto inaudito nel mondo universitario.

 

Ci rendiamo conto che tutto questo mette il nostro Istituto in una situazione difficile, che non riguarda solo la continuità con l’eredità di san Giovanni Paolo II, ma più fondamentalmente la sua natura universitaria. Soprattutto la ferita contro la libertà di cattedra provocherà nei professori e negli studenti dell’Istituto una grande tensione interna, e pregiudicherà gravemente la credibilità scientifica del lavoro di insegnamento e ricerca all'interno del nuovo istituto, che non sarà più preso sul serio dalle altre istituzioni accademiche. Inoltre, si crea in questo modo un precedente che getta un’ombra di sospetto sugli altri centri universitari della Chiesa cattolica.

 

Davanti a questa situazione d’impasse, vorremmo offrire una proposta di soluzione costruttiva, in consonanza con l’ispirazione di “rinnovamento nella continuità” che leggiamo nel motu proprio del Santo Padre, e che aiuterebbe a far sì che l’Istituto riprenda il suo prestigio accademico, guadagnato con grande sforzo in questi quasi quarant’anni di serio lavoro di ricerca e insegnamento.

 

Ci riferiamo innanzitutto alla scelta fatta nella ristrutturazione delle cattedre, la quale prevede l’eliminazione della teologia morale fondamentale. Si è scelto, così, di eliminare la voce dell’Istituto in questo ambito. Tuttavia, si tratta di un ambito essenziale, non solo secondo l’intuizione originaria di san Giovanni Paolo II (che il motu proprio chiede di rispettare), ma anche secondo la natura stessa della ricerca odierna sul matrimonio e la famiglia. Senza una riflessione sulla morale fondamentale è oggi impossibile, infatti, offrire una risposta ai problemi sollevati nei campi della morale dell’amore umano e della vita.

 

L’eliminazione della teologia morale fondamentale e della visione integrale che essa permette, non solo nega il proposito di continuità con l’ispirazione precedente dell’Istituto, ma non onora neanche la novità che si vuole imprimere al suo percorso. Una soluzione più in consonanza con la natura della teologia cattolica implicherebbe – ed è la nostra proposta – che invece di eliminare la cattedra, se ne crei un’altra nuova, in modo che ci siano due cattedre di morale generale, il cui dialogo esprima il rapporto tra l’antico e il nuovo, proprio di ogni vera continuità della dottrina. Secondo questa nostra proposta ci sarebbe una cattedra di morale fondamentale, quella che finora ha funzionato all’interno dell’Istituto, e poi un’altra cattedra di Teologia morale dell’accompagnamento, che potrebbe riflettere sulla proposta pastorale di Amoris laetitia per poter condurre il soggetto odierno ad una vita secondo il Vangelo.

 

Pensiamo che la presenza di ambedue le cattedre sarebbe mutuamente arricchente. Da una parte si continuerebbe, all’interno dell’Istituto, la riflessione sulla morale fondamentale, custodendo e approfondendo l’insegnamento di Veritatis Splendor, e ristabilendo il prof. Melina nella sua cattedra. Si potrebbe così continuare la ricerca di una morale centrata sull’incontro con Cristo, il quale ci ha rivelato la differenza radicale tra il bene e il male, e ci rende capaci di camminare nella verità dell’amore. La presenza della nuova cattedra aiuterebbe peraltro questa riflessione sui fondamenti a non dimenticare le situazioni difficili del nostro tempo. È una sensibilità che era già presente nell’insegnamento della morale fondamentale all’Istituto. L’ultimo colloquio organizzato all’Istituto sulla morale, nel venticinquesimo di Veritatis Splendor, molto apprezzato dal nostro Preside, si interrogava proprio sulla necessaria rigenerazione del soggetto morale, affinché potesse compiere il bene.

 

D’altra parte, la nuova cattedra di Morale dell’accompagnamento, trovandosi in dialogo con la cattedra di morale fondamentale, avrebbe tutti gli elementi per proporre un’interpretazione della novità di Amoris laetitia secondo le leggi cattoliche dello sviluppo del dogma. La necessità di tener conto dell’insegnamento di Veritatis Splendor, infatti, mostrerebbe la possibilità di un cammino graduale di crescita, che non dimentichi la differenza radicale tra il bene e il male (nel rispetto degli assoluti morali), e possa così condurre gli uomini a vivere il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Inoltre, il dialogo con la cattedra di sacramento del matrimonio aiuterebbe a mostrare come le questioni suscitate da Amoris laetitia non riguardano solo l’agire morale, ma toccano anche i fondamenti della vita comune, visibile e incarnata, della Chiesa.

 

Insomma, l’esistenza di queste due cattedre esprimerebbe a livello accademico la novità nella continuità, secondo un vero sviluppo della dottrina, evitando “cambiamenti di paradigma” radicali contrari alla logica della fede. In questo modo si contribuirebbe ad illuminare una questione fondamentale per la Chiesa oggi. Ciò che proponiamo ci sembra essere in accordo con l’intenzione profonda e la lettera stessa del motu proprio di Papa Francesco e col suo desiderio di coltivare la lungimirante ispirazione di san Giovanni Paolo II.

 

Certamente, l’accoglienza di questa proposta deve essere necessariamente unita al ristabilimento nella sua cattedra del professor José Noriega. Il suo servizio all’Istituto, durante più di 18 anni è stato un arricchimento prezioso, riconosciuto dai colleghi interni ed esterni. Parlare adesso di un’incompatibilità, a quattro mesi della sua scadenza come superiore generale, è pretestuoso. La sua mancata assunzione nel nuovo Istituto costituisce una ferita alla libertà di cattedra, che è doveroso correggere affinché l’Istituto ricuperi la sua dignità accademica.

 

Comprendiamo che la nostra proposta richiederà la revisione degli statuti da parte dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica. Questa revisione è, tra l’altro, doverosa, e chiediamo che si svolga in modo esaustivo. Gli statuti, infatti, contengono difficoltà oggettive, che riguardano il lavoro comune di un istituto interdisciplinare. La causa di queste mancanze si trova in parte nel fatto che non c’è stato un vero processo di consultazione, né con i professori della sede centrale, né con le autorità del consiglio internazionale, in quanto i documenti presentati per un parere erano altri da quelli con cui effettivamente si lavorava con la Congregazione per l’Educazione Cattolica.

 

Finché questa revisione non sia stata portata a termine, proponiamo una soluzione operativa che potrebbe essere implementata subito: la riassunzione del prof. Noriega sotto la cattedra di Teologia morale del matrimonio e della famiglia (statuti, art.21, par.3) e l’assegnazione della cattedra di Bioetica (ibid.) al prof. Melina, ampiamente qualificato per tale compito.

 

Siccome si tratta di una proposta costruttiva su una questione che riguarda il prestigio accademico dell’Istituto, abbiamo intenzione di fare pubblica la nostra lettera nei prossimi giorni.

 

Nella speranza che questa proposta possa essere accolta, e si ridia così all’Istituto Giovanni Paolo II la possibilità di continuare a svolgere la sua missione con l’eccellenza che ha dimostrato finora, vi porgiamo un cordiale saluto assicurandovi della nostra preghiera per la vostra missione ecclesiale.

A. Diriart

J. Granados

S. Kampowski

J.J. Pérez Soba

Vorremmo offrire una proposta di soluzione costruttiva, in consonanza con l’ispirazione di “rinnovamento nella continuità”

Con i nuovi statuti si è potuto privare due dei nostri docenti ordinari delle loro cattedre, fatto inaudito nel mondo universitario

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