Il cardinale Philippe Barbarin (foto LaPresse)

Preti all'assalto del cardinale Barbarin

Matteo Matzuzzi

Una petizione online per cacciare l'arcivescovo di Lione. Il motivo è sempre il solito: avrebbe insabbiato casi di abusi sessuali avvenuti anni fa

Roma. Nel caos della chiesa divisa, mentre l’ex nunzio apostolico Carlo Maria Viganò chiede le dimissioni del Papa, è del tutto normale che preti dedichino il proprio tempo a raccogliere firme per cacciare i propri vescovi. Non è il Cile, stavolta. Non sono neppure gli Stati Uniti. E’ la Francia, prossima tappa del ciclone che si ripromette di abbattersi sulla chiesa. Un sacerdote, Pierre Vignon, da venticinque anni membro del Tribunale ecclesiastico di Lione, ha lanciato una petizione per fare dimettere il proprio superiore, il cardinale Philippe Barbarin.

 

 

 

Il motivo è sempre il solito: avrebbe insabbiato casi di abusi sessuali avvenuti anni fa, con processi aperti e chiusi, quindi di nuovo riaperti. La prossima tappa era prevista per gennaio (citato anche il cardinale Luis Ladaria, prefetto della congregazione per la Dottrina della fede), ma il tutto sarà rinviato. Già nel 2016 la magistratura aveva stabilito che non c’era stato alcun reato da parte di Barbarin, con lo stesso pubblico ministero che aveva constatato come non vi fosse stata “alcuna volontà di ostacolare la giustizia”. Ma l’associazione delle vittime di padre Bernard Preynat (accusato di avere abusato di decine di scout tra gli anni Settanta e Ottanta) è tornata alla carica, attraverso la citazione diretta in giudizio del porporato. Non si aspettava di certo, Barbarin, che a complicare le cose fossero i suoi preti.

 

Padre Vignon – la cui petizione in pochi giorni ha già ottenuto centomila firme – si dice ispirato dalla “Lettera al Popolo di Dio” vergata dal Papa nelle scorse settimane dopo la pubblicazione del rapporto sulla pedofilia da parte del procuratore generale della Pennsylvania. Di conseguenza, seguendo le parole di Francesco, Barbarin dovrebbe dimettersi perché ha già “riconosciuto di aver commesso degli errori nella gestione” della faccenda. Un po’ poco per chiedere la rinuncia a un vescovo, ma tant’è. Va detto che padre Vignon rappresenta l’ala “moderata” nell’assalto all’arcivescovo di Lione, anche perché le sue ragioni sono fondate sull’idea che sia necessario rifondare il diritto penale canonico. Ben più duro è un altro sacerdote, Daniel Duigou, che su Franceinfo ha lanciato l’intemerata contro l’arcivescovo di Lione, dicendo che “non può più guidare la diocesi” e che lo scandalo pedofilia è “qualcosa di disgustoso, abominevole. Sembra di essere in un pozzo senza fondo, un vero tsunami che scuote la chiesa”. Padre Duigou ha però una proposta per uscire dalle secche: “Smontare la struttura piramidale della chiesa coinvolgendo uomini e donne, sacerdoti e laici, tutti corresponsabili” nel governo della chiesa. Bisogna, ha aggiunto il sacerdote “uscire dal Medioevo” lasciandosi alle spalle “una struttura che ha nascosto fatti, mentito e forse anche protetto uomini coinvolti in pratiche criminali”.

 

Ben pochi finora si sono levati per difendere il primate di Francia e la voce secondo cui il suo mandato sulla cattedra di Lione è destinato a concludersi anzitempo si fa sempre più forte. Resta, per ora, quanto detto in aereo dal Papa: “Se ci sono sospetti o prove o mezze prove, non vedo niente di cattivo nel fare un’indagine, sempre che si faccia sul principio giuridico fondamentale: Nemo malus nisi probetur, nessuno è cattivo se non lo si prova. E tante volte c’è la tentazione non solo di fare l’indagine, ma di pubblicare che è stata fatta l’indagine e perché è colpevole…, e così alcuni media – non i vostri, non so – incominciano a creare un clima di colpevolezza”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.