Mons. Paul Gallagher

"I cristiani sono le prime vittime della mancanza di libertà religiosa nel mondo"

Matteo Matzuzzi

Parole forti e chiare in Vaticano: "Crescita inquietante di forme di intolleranza e di episodi di discriminazione”

Roma. Giovedì scorso, all’Università cattolica di Milano, il segretario per i Rapporti con gli stati della Santa Sede, mons. Paul Gallagher, ha tenuto la prolusione in apertura del convegno internazionale sulla libertà religiosa nell’attuale contesto globale. Gallagher è partito da lontano, dall’azione messa in campo da Pio XI – il cui pontificato è definito “un passaggio fondamentale” del Novecento – e dai suoi successori, da Papa Pacelli fino a Benedetto XVI e Francesco, passando per Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. Sarà proprio il Pontefice polacco a “sviluppare e promuovere” la libertà religiosa, “soprattutto in chiave antitotalitaria, al fine di garantire la piena libertà alle chiese locali. Il diritto alla libertà religiosa – ha sottolineato mons. Gallagher – diverrà uno degli assi portanti della diplomazia della Santa Sede”. Nella visione di san Giovani Paolo II, “la libertà religiosa è la condizione irrinunciabile perché la chiesa possa svolgere la sua missione a beneficio dell’intera umanità”.

 

Un excursus storico utile a ribadire “una visione dei diritti in chiave universalistica, contro ogni forma di riduzionismo al contesto culturale e temporale”. Ma il discorso del numero tre della Segreteria di stato focalizza l’attenzione sulla situazione odierna, tutt’altro che rosea: “Nell’ultimo periodo, su scala mondiale, senza eccezione per il continente europeo, si è testimoni di come il rispetto per la libertà religiosa viene sovente compromesso, con un preoccupante peggioramento delle condizioni di tale libertà fondamentale, che in diversi casi ha raggiunto il grado di una persecuzione aperta, in cui sempre più spesso i cristiani sono le prime vittime, benché non le sole”, ha sottolineato il presule. E se è vero che “fattori determinanti di queste situazioni allarmanti sono certamente riconducibili al permanere di stati autoritari e non democratici”, è altrettanto vero – e chiarissimo, nell’analisi della Santa Sede – che “in molti paesi di antica tradizione democratica la dimensione religiosa tende a essere vista con un certo sospetto, sia a causa delle problematiche inerenti al contesto multiculturale sia per l’affermarsi ideologico di una visione secolarista, secondo cui le religioni rappresenterebbero una forma di ‘sottocultura’, portatrici di un passato da superare”. Mons. Gallagher ci tiene a ricordare che “è un merito storico e sofferto del cristianesimo avere contribuito a creare, nella separazione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio, la possibilità di sviluppo di uno stato laico, inteso non come uno stato totalmente avulso dalla religione, o peggio ancora come uno stato agnostico, ma come uno stato che, consapevole del valore del riferimento religioso per i suoi cittadini, garantisce a ciascuno il diritto di vivere secondo la propria coscienza la dimensione religiosa”. E ciò “deve avvenire sul piano individuale e su quello comunitario, pur avendo uguale rispetto per quanti non si riconoscono in alcun riferimento trascendente”.

 

A pochi giorni dalle celebrazioni per il sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma nella cornice storica del Campidoglio (con tanto di udienza papale in Vaticano), la situazione è ben diversa da allora, epoca in cui Robert Schuman – non a caso a più riprese lodato da Francesco insieme a Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi, la triade che insieme a Jean Monnet pose le basi per l’Europa unita – poteva dire che “l’Europa sarà cristiana o non sarà”. “Purtroppo, anche in Europa – ha osservato mons. Gallagher – si nota una crescita inquietante di forme di intolleranza e di episodi di discriminazione nei confronti dei cristiani”. I numeri, dopotutto, sono chiari, dal momento che solo nel biennio 2014-2015 l’Osservatorio per l’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa ha ricevuto circa 1.700 segnalazioni di casi di intolleranza e di discriminazione contro i cristiani nel vecchio continente. “Nell’attuale contesto, appare perciò intrinsecamente contraddittorio chiedere la libertà per tutti e, in nome di quella stessa libertà, negarla ad alcuni gruppi, specialmente a quelli religiosi. Deve, dunque, essere un dovere delle istituzioni contrastare ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento religioso e, in prospettiva positiva, promuovere e proteggere la libertà religiosa allo stesso modo e con tutti gli strumenti impiegati per la difesa di ogni altro diritto fondamentale”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.