Un campo profughi in Francia (foto LaPresse)

L'omertà della stampa francese sui cristiani uccisi nei campi profughi

Mauro Zanon

Il caso di un migrante iraniano convertito accoltellato da rifugiati musulmani nel campo della Grande-Synthe

Parigi. Nel corso del 2016, in Francia, sono morte due persone “per colpa” della loro fede cristiana: don Jacques Hamel, il parroco sgozzato da due jihadisti nel mese di luglio nella sua chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, in Normandia, e un migrante iraniano cristiano accoltellato nel dicembre 2015 nel campo profughi della Grande-Synthe, nel nord della Francia. Mentre la notizia della morte di padre Hamel era nota a tutti, quella del rifugiato iraniano riportata oggi dall’Ong Portes Ouvertes nel suo rapporto annuale sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo, è stata totalmente oscurata dai media francesi. Forse per nascondere ancora una volta la drammatica realtà dei rifugiati cristiani nei campi profughi di Francia e Germania e denunciata a più riprese dalle persone che vi lavorano? La notizia della morte di un migrante iraniano nel “peggior campo profughi di Francia”, come era stato definito per le terribili condizioni igienico-sanitarie, era apparsa per la prima volta a fine gennaio 2016 all’interno di un dossier del settimanale Minute, che raccoglieva la testimonianza di un pastore protestante, Daniel O. (pseudonimo), sulle condizioni deplorevoli in cui erano costretti a vivere i rifugiati cristiani del campo profughi della Grande-Synthe.

La testimonianza del pastore, che rivelava come i cristiani fossero “costantemente perseguitati dai rifugiati musulmani”, era stata insabbiata dalla stampa parigina, accanto a due notizie più precise date dallo stesso pastore: l’aggressione di un giovane iraniano cristiano da parte di alcuni migranti musulmani, costatagli un naso rotto, e la notizia, appunto, di un altro iraniano, che, per essersi convertito al cristianesimo, era stato aggredito a colpi di coltello, e a seguito delle sue ferite era deceduto. Ma il silenzio tombale sull’accaduto, è stato squarciato oggi dall’ong Portes Ouvertes, che per la prima volta ha inserito la Francia nel suo agghiacciante rapporto sulle persecuzioni anticristiane nel mondo, e ha messo nero su bianco che quel migrante iraniano di cui tutti parlavano lontano dalle telecamere tra le associazioni che aiutavano i migranti, era stato accoltellato “perché si era convertito al cristianesimo” da alcuni migranti musulmani. Le rivelazioni del rapporto, come detto sopra, confermano quanto lamentato da alcuni volontari che hanno constatato con i propri occhi le insostenibili condizioni in cui sono obbligati a vivere i migranti cristiani, vittime di vere e proprie “spedizioni punitive”, come aveva denunciato al Figaro David Michaux, delegato nazionale del Crs (polizia antisommossa) del sindacato Unsa-Police.

Le tensioni interreligiose tra cristiani e musulmani sono una triste realtà, nonostante i tentativi di certa stampa di minimizzarle. E più in generale, nel mondo, sono i cristiani i più vessati in assoluto, come evidenziato dal rapporto. Per il quarto anno consecutivo, il numero di persecuzioni anticristiane è aumentato, la Corea del Nord si conferma al primo posto di questa atroce classifica davanti alla Somalia, all’Afghanistan, al Pakistan e al Sudan, e per la prima volta la Francia viene citata come paese dove delle persone vengono uccise perché cristiane. Nei “50 paesi dove i cristiani sono i più perseguitati”, secondo il documento prodotto dall’Ong, “215 milioni persone” sono vittime di una persecuzione “forte, molto forte o estrema” (ossia un terzo della popolazione). 1173 persone sono state uccise in ragione della loro fede, tra cui 695 soltanto in Nigeria.

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