Il Papa durante la consueta Benedizione Urbi et orbi (LaPresse)

Pace in Siria e preghiere per le vittime del terrorismo nel Messaggio natalizio del Papa

Matteo Matzuzzi

Prima della benedizione Urbi et orbi, Francesco chiede la fine delle ostilità a Damasco e invoca pace “per chi ha perso una persona cara a causa del terrorismo”

Roma. Non poteva che iniziare da un appello per la pace in Siria, il messaggio natalizio del Papa che ha preceduto la consueta benedizione solenne Urbi et orbi, alla città di Roma e al mondo. “Pace agli uomini e alle donne nella martoriata Siria, dove troppo sangue è stato sparso. Soprattutto nella città di Aleppo, teatro nelle ultime settimane di una delle battaglie più atroci, è quanto mai urgente che si garantiscano assistenza e conforto alla stremata popolazione civile, rispettando il diritto umanitario. E’ tempo – ha aggiunto Francesco – che le armi tacciano definitivamente e la comunità internazionale si adoperi attivamente perché si raggiunga una soluzione negoziale e si ristabilisca la convivenza civile nel paese”.

 

Ma lo sguardo del Pontefice, che nella messa della notte ha invocato la “liberazione del Natale dalla mondanità”, si è posato anche su altri teatri di sofferenza. La Terra Santa, prima di tutto: “Israeliani e palestinesi abbiano il coraggio e la determinazione di scrivere una nuova pagina della storia, in cui odio e vendetta cedano il posto alla volontà di costruire insieme un futuro di reciproca comprensione e armonia”. E ancora, “possano ritrovare unità e concordia l’Iraq, la Libia e lo Yemen, dove le popolazioni patiscono la guerra ed efferate azioni terroristiche”.

 

C’è poi l’Africa, la Nigeria, “dove il terrorismo fondamentalista sfrutta anche i bambini per perpetrare orrore e morte”. E “pace nel Sud Sudan e nella Repubblica democratica del Congo, perché si risanino le divisioni e tutte le persone di buona volontà si adoperino per intraprendere un cammino di sviluppo e di condivisione, preferendo la cultura del dialogo alla logica dello scontro”. E lo stesse parole valgano per l’Ucraina, il Myanmar, la Colombia.

 

La strage al mercatino di Natale di Berlino è recente e il Papa ha invocato “pace a chi ha perso una persona cara a causa di efferati atti di terrorismo, che hanno seminato paura e morte nel cuore di tanti paesi e città”. Una pace “non a parole, ma fattiva e concreta, ai nostri fratelli e sorelle abbandonati ed esclusi, a quelli che soffrono la fame e a coloro che sono vittime di violenza”.

 

Ennesimo richiamo alla solidarietà nei confronti dei “profughi” e dei “migranti” e dei “rifugiati” e di quanti “sono oggetto della tratta delle persone”. Pace, poi, “ai popoli che soffrono per le ambizioni economiche di pochi e l’avida ingordigia del dio denaro che porta alla schiavitù. Pace a chi è segnato dal disagio sociale ed economico e a chi patisce le conseguenze dei terremoti o di altre catastrofi naturali”.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.