Papa Francesco ha tenuto il consueto discorso al Corpo diplomatico (LaPresse)

Il Papa ci ricasca: "Miseria spirituale e povertà sociale dietro al terrorismo fondamentalista"

Matteo Matzuzzi

Francesco parla al Corpo diplomatico accreditato in Vaticano. Migrazione, Europa. Gli attentati sono "follia omicida" che vuole "affermare una volontà di dominio e di potere"

Roma. "Purtroppo, siamo consapevoli di come ancor oggi, l'esperienza religiosa, anziché aprire agli altri, possa talvolta essere usata a pretesto di chiusure, emarginazioni e violenze", ha detto il Papa nel tradizionale discorso al Corpo diplomatico, uno degli appuntamenti più attesi dell'anno in Vaticano. "Mi riferisco – ha aggiunto Francesco – particolarmente al terrorismo di matrice fondamentalista, che ha mietuto anche lo scorso anno numerose vittime in tutto il mondo: in Afghanistan, Bangladesh, Belgio, Burkina Faso, Egitto, Francia, Germania, Germania, Iraq, Nigeria, Pakistan, Stati Uniti d’America, Tunisia e Turchia. Sono gesti vili, che usano i bambini per uccidere, come in Nigeria; prendono di mira chi prega, come nella Cattedrale copta del Cairo, chi viaggia o lavora, come a Bruxelles, chi passeggia per le vie della città, come a Nizza e a Berlino, o semplicemente chi festeggia l’arrivo del nuovo anno, come a Istanbul".

 

A giudizio del Pontefice, "si tratta di una follia omicida che abusa del nome di Dio per disseminare morte, nel tentativo di affermare una volontà di dominio e di potere. Faccio perciò appello a tutte le autorità religiose perché siano unite nel ribadire con forza che non si può mai uccidere nel nome di Dio. Il terrorismo fondamentalista è frutto di una grave miseria spirituale, alla quale è sovente connessa anche una notevole povertà sociale".

 

 

Il terrorismo fondamentalista "potrà essere pienamente sconfitto solo con il comune contributo dei leader religiosi e di quelli politici. Ai primi spetta il compito di trasmettere quei valori religiosi che non ammettono contrapposizione fra il timore di Dio e l’amore per il prossimo. Ai secondi spetta garantire nello spazio pubblico il diritto alla libertà religiosa, riconoscendo il contributo positivo e costruttivo che essa esercita nell’edificazione della società civile, dove non possono essere percepite come contraddittorie l’appartenenza sociale, sancita dal principio di cittadinanza, e la dimensione spirituale della vita. A chi governa compete, inoltre, la responsabilità di evitare che si formino quelle condizioni che divengono terreno fertile per il dilagare dei fondamentalismi". E ciò richiede "adeguate politiche sociali volte a combattere la povertà, che non possono prescindere da una sincera valorizzazione della famiglia, come luogo privilegiato della maturazione umana, e da cospicui investimenti in ambito educativo e culturale".

 

Francesco ha toccato ampiamente anche il problema dell'immigrazione. "Un approccio prudente da parte delle autorità pubbliche non comporta l’attuazione di politiche di chiusura verso i migranti, ma implica valutare con saggezza e lungimiranza fino a che punto il proprio paese è in grado, senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita decorosa ai migranti, specialmente a coloro che hanno effettivo bisogno di protezione. Soprattutto non si può ridurre la drammatica crisi attuale ad un semplice conteggio numerico. I migranti sono persone, con nomi, storie, famiglie e non potrà mai esserci vera pace finché esisterà anche un solo essere umano che viene violato nella propria identità personale e ridotto ad una mera cifra statistica o ad oggetto di interesse economico".

 

Il problema migratorio, ha osservato il Papa, "è una questione che non può lasciare alcuni Paesi indifferenti, mentre altri sostengono l’onere umanitario, non di rado con notevoli sforzi e pesanti disagi, di far fronte ad un’emergenza che non sembra aver fine. Tutti dovrebbero sentirsi costruttori e concorrenti al bene comune internazionale, anche attraverso gesti concreti di umanità, che costituiscono fattori essenziali di quella pace e di quello sviluppo che intere nazioni e milioni di persone attendono ancora. Sono perciò grato ai tanti Paesi che con generosità accolgono quanti sono nel bisogno, a partire dai diversi Stati europei, specialmente l’Italia, la Germania, la Grecia e la Svezia".

 

 

Infine, l'Europa, che "sta attraversando un momento decisivo della sua storia, nel quale è chiamata a ritrovare la propria identità. Ciò esige di riscoprire le proprie radici per poter plasmare il proprio futuro. Di fronte alle spinte disgregatrici, è quanto mai urgente aggiornare l’idea di Europa per dare alla luce un nuovo umanesimo basato sulle capacità di integrare, di dialogare e di generare, che hanno reso grande il cosiddetto Vecchio Continente". Il processo di unificazione europea – ha sottolineato Francesco – iniziato dopo il secondo conflitto mondiale, è stato e continua ad essere un’occasione unica di stabilità, di pace e di solidarietà tra i popoli. In questa sede non posso che ribadire l’interesse e la preoccupazione della Santa Sede per l’Europa e per il suo futuro, nella consapevolezza che i valori su cui tale progetto, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario, ha tratto la origine e si fonda sono comuni a tutto il continente e travalicano gli stessi confini dell’Unione Europea".

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.