Il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn (LaPresse)

Schönborn: "Nei rapporti con l'islam non possiamo cedere sulla libertà religiosa"

Matteo Matzuzzi

L'arcivescovo di Vienna invoca una riforma dell'islam. Il cardinale Tauran: "Desideriamo il dialogo, non la sottomissione"

Roma. “La richiesta della libertà religiosa è un punto sul quale non possiamo cedere. Su questo fronte l’islam deve recuperare. Il valore della libertà religiosa nell’islam è un punto centrale”. Ventiquattr’ore prima dell’attentato di Berlino, il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e “grande teologo” (Francesco dixit), parlava così dello stato dei rapporti tra cristianesimo e islam in Europa in un’intervista al quotidiano Kurier. Il cardinale austriaco guardava “agli attuali sanguinosi conflitti nel medio oriente” che, a suo dire, “potranno essere superati solo quando ci sarà un progresso nelle relazioni interne all’islam”. Parlando della diffidenza crescente verso i musulmani presenti in Europa, e in particolare in Austria, dove a Vienna già da almeno due anni nelle scuole medie e superiori ci sono più studenti musulmani che cattolici, Schönborn dice che “essere contro qualcosa non è mai una soluzione”.

Il tema è un altro, spiega: “Quando noi saremo convinti che quelli cristiani sono i valori per cui vale la pena vivere, allora sapremo proporre questa convinzione a coloro che vengono da noi”. La necessità, ribadita ancora una volta, è quella di una riforma interna all’islam, di un “autentico rinnovamento spirituale” che abbia come conseguenza “un no deciso al ricorso alla violenza”. “Io – ha osservato l’arcivescovo di Vienna – almeno coltivo questa speranza”. L’auspicio è che avvenga ciò che l’Europa ha conosciuto cinque secoli fa con la guerra dei Trent’anni: una lotta furibonda seguita da un processo purificatore “ma anche salutare” che ha portato “all’illuminismo e alla tolleranza”. Ottimismo ve n’è ben poco, dal momento che “la guerra tra sciiti e sunniti è solo all’inizio” e quella che abbiamo davanti è “la peggiore crisi” che l’islam abbia mai conosciuto nella sua lunga storia.   

L’unica ricetta è il dialogo, dunque. Concetto ribadito, sull’Osservatore Romano, dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, che riferendosi alla strage di Nizza dello scorso luglio e all’assassinio di padre Jacques Hamel ha notato “un risveglio dell’identità religiosa”. “Davanti a questi atti, al dramma delle migrazioni, alla crisi internazionale, soprattutto davanti alla situazione di conflitto in Siria, grande è la tentazione del disfattismo. Ma è proprio allora che occorre continuare a credere nel dialogo, che è essenziale per tutta l’umanità”. A patto di capirsi su cosa rappresenti il dialogo: “Il dialogo con i musulmani deve continuare, perché l’alternativa sarebbe la violenza.

Tuttavia si deve chiarire che desideriamo il dialogo, ma non la sottomissione”, ha aggiunto il cardinale francese. E’ fondamentale che il dialogo non sia “riservato agli specialisti. Tutti – ha proseguito Tauran – dobbiamo rinunciare ad atteggiamenti di sospetto o polemica in merito alle nostre motivazioni”. Il Papa, tramite il segretario di stato, il cardinale Pietro Parolin, ha inviato un telegramma di cordoglio all’arcivescovo di Berlino, mons. Heiner Koch, che ieri ha organizzato un momento di preghiera nella cattedrale cittadina. Il Pontefice “si unisce a tutti gli uomini di buona volontà che s’impegnano affinché la follia omicida del terrorismo non trovi più spazio nel nostro mondo”, si legge nel messaggio. 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.