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La nuova mafia che esce dal processo per l'omicidio dell'avvocato Fragalà

Massimo Bordin

L'ex parlamentare del Pdl fu ucciso nel febbraio 2010, barbaramente aggredito a bastonate mentre usciva da solo dal suo studio

È ormai alla soglia delle udienze finali di fronte alla corte d’assise di Palermo il processo per l’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà, processo di cui questa rubrica si è occupata già in altre occasioni. Fragalà, parlamentare del Pdl in tre legislature, proveniente da An, tornò a pieno ritmo all’avvocatura, che non aveva mai abbandonato del tutto, nell’ultimo periodo della sua vita. Fu ucciso nel febbraio 2010, barbaramente aggredito a bastonate mentre usciva da solo dal suo studio. La modalità dell’omicidio causò scetticismo in alcuni, non solo giornalisti ma anche magistrati, sulla possibilità di un movente mafioso ma l’attenta analisi del lavoro di Fragalà come avvocato proprio su una pista di mafia ha portato la procura. Aver difeso correttamente due suoi assistiti, riducendone le responsabilità a scapito di quelle di un importante capo mafia, ha spinto Cosa nostra ad ucciderlo. Questa la tesi dell’accusa, non priva di riscontri, che ha portato sul banco degli accusati sei persone a vario titolo collegate con la famiglia mafiosa di Borgo Vecchio e il mandamento di Porta Nuova. La novità delle ultime udienze dell’anno scorso sta nell’incrocio fra alcuni personaggi sentiti nel processo e l’indagine di cui molto si è parlato sulla cosiddetta “nuova cupola”. Personaggi come i fratelli Di Giacomo, che con i loro incauti colloqui in carcere avevano offerto elementi all’inchiesta che ha stroncato la riorganizzazione mafiosa, sono stati sentiti nel processo e se pure hanno risposto il minimo indispensabile , quello che emerge è che ciò che prova a riorganizzarsi è una mafia feroce ma ridotta nei suoi traffici e nella sua potenza. Ci torniamo domani.

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