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Quello che non torna sul mandante dell'omicidio dell'avvocato Fragalà

Massimo Bordin

L’uomo del mandamento secondo i pm è Francesco Arcuri, che era già nel mirino degli investigatori perché ritenuto il braccio destro di un importante latitante, Giovanni Nicchi

Seconda puntata sul processo per l’omicidio dell’avvocato Fragalà nel tentativo di dimostrare come sia stato un processo finora sottovalutato dai media, a proposito della rettitudine della vittima, che andrebbe assai più valorizzata ma anche per la complessità dell’ipotesi accusatoria che incrocia i tentativi finora fallimentari di ricostruzione del vertice di Cosa nostra. Ieri eravamo arrivati a quello che per i pm è l’uomo chiave dell’omicidio, secondo l’accusa eseguito da cinque mafiosi della famiglia di Borgo Vecchio, ma ordinato dall’istanza superiore cioè il mandamento di Porta Nuova. L’uomo del mandamento secondo i pm è Francesco Arcuri, che trasmette l’ordine di “punire” l’avvocato Fragalà.

 

Arcuri però era già nel mirino degli investigatori perché ritenuto il braccio destro di un importante latitante, Giovanni Nicchi, che aspirava a guidare Cosa nostra da Palermo. Giovane, ma legato a settori di mafia americana e sponsorizzato dagli ultimi corleonesi ma non da Provenzano che voleva al vertice un altro palermitano, Salvatore Lo Piccolo. Nello scontro a vincere è lo Stato che arresta nell’arco di tre anni, prima Provenzano poi Lo Piccolo infine Nicchi che nel frattempo aveva cominciato a illudersi di poter davvero diventare il capo dei capi. La polizia arriva a Nicchi seguendo Arcuri, l’uomo del mandamento. Porta Nuova era infatti il principale sponsor di Nicchi.

 

Se questo è il contesto in cui matura due anni dopo l’omicidio Fragalà, a Palermo dovranno fare un altro processo, coerentemente con la loro ipotesi accusatoria, e dovrà essere un processo di alta mafia. Quella che davvero ha deciso l’omicidio.

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