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La candidatura a Messina del nipote dell'ex boss Michele Navarra da parte del Pd non è stata una buona idea

Massimo Bordin

E’ evidente che non si può addebitare a chi oggi è rettore dell’università messinese alcuna responsabilità nelle malefatte di suo zio. Eppure forse non siamo ancora pronti

Un incensurato è un incensurato e ritenere inopportuna la sua candidatura sulla base di una semplice parentela è puro travaglismo. Questo mi hanno spiegato sui social forum, dove in genere le critiche che ricevo sono di segno opposto. Resto convinto che l’idea di candidare a Messina nelle liste del Pd il nipote di Michele Navarra, capo mafia negli anni Cinquanta a Corleone, ucciso nel 1958, dieci anni prima che suo nipote nascesse, non sia stata una buona idea. E’ evidente che non si può addebitare a chi oggi è rettore dell’università messinese alcuna responsabilità nelle malefatte di suo zio. Non discuto, anzi difendo, il diritto di candidare chiunque la legge consideri possessore del cosiddetto elettorato passivo. Detesto l’espressione “incandidabile”, che ricorda sistemi politici autoritari. Non ho mai amato le candidature di parenti di vittime della mafia o del terrorismo. Eppure penso che la sinistra siciliana, che negli anni Cinquanta vide uccisi e infoibati, proprio a Corleone, sindacalisti e braccianti che la votavano e sostenevano, avrebbe fatto meglio a far passare almeno un’altra generazione prima di candidare un parente dell’allora capo degli assassini. Non mi aiuta a cambiare idea un comunicato del candidato che intima ai mezzi di informazione di non ricordare il suo parente tragicamente scomparso, pena una querela.

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