Milano, assemblea circoli Pd (foto laPresse)

La fatwa del Codacons contro Burioni

Massimo Bordin

Il problema sta in un aggettivo, sempre più in voga: incandidabile

Il Codacons contesta l’ipotesi di candidatura alle elezioni politiche del virologo Roberto Burioni e del capitano Gregorio De Falco. Non si vede cosa c’entri con i diritti dei consumatori, ragione sociale dell’associazione guidata dall’avvocato Rienzi, ma con necessaria larghezza vedute si può convenire che il Codacons ha comunque il diritto di esprimersi anche sui possibili candidati alle elezioni, come chiunque. Il problema sta in un aggettivo, sempre più in voga: incandidabile, anzi assolutamente incandidabile, come si aggiunge per Burioni. Va detto che nel testo della fatwa ci si cautela con una formula contestualmente ambigua come “a nostro avviso” che può apparire limitativa degli effetti ma il problema sta nell’aggettivo. L’incandidabilità era chiaramente definita dalla legge come pena accessoria dopo sentenze, per reati di particolare gravità, passate in giudicato. La legge Severino ha mutato questo quadro di riferimento ma ne ha comunque circoscritto l’effetto a una sentenza definitiva, eppure la questione è giuridicamente controversa, almeno fino all’esito di un ricorso alla giurisdizione europea. Nel frattempo però è ormai invalso nel dibattito politico un criterio molto estensivo sulla incandidabilità e il comunicato del Codacons può essere considerato un punto limite di questa estensione. Se si dice che la possibile candidatura di Tizio è una aberrazione e perfino una infamia si esprime un parere politico, giudicabile come tale, compresa la sua enfasi, per così dire. Se si dice invece che quella candidatura è impossibile per motivi ideologici, si applica un criterio che pure da qualche parte esiste, ma solo in Iran.

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