Seconda udienza del processo Mafia Capitale (foto LaPresse)

Mafia Capitale, gli interrogatori di Panzironi e Gramazio

Massimo Bordin

Con l’imputazione di 416 bis però la difficoltà dell'accusa è evidente proprio nelle fasi dibattimentali

Questa settimana al processo Mafia Capitale si sono svolti gli interrogatori di due imputati anche di 416 bis, Franco Panzironi e Luca Gramazio. Il primo, che è stato al vertice di Unire e Ama, è tuttora in stato di detenzione in carcere, il secondo, ex capogruppo del Pdl nel consiglio comunale romano si trova agli arresti domiciliari. Gli interrogatori da parte della accusa sono stati condotti dal pm Luca Tescaroli e dal procuratore aggiunto Paolo Ielo. I due rappresentanti dell’accusa hanno uno stile diverso. Più analitico, fino talvolta a perdersi nelle carte, Tescaroli, più sintetico ed aggressivo Ielo che in poche domande cerca di stringere l’imputato sui capi di imputazione più concreti e sui quali la procura ritiene di avere una abbondante scorta di prove.

 

Con l’imputazione di 416 bis però la difficoltà dell'accusa è evidente proprio nelle fasi dibattimentali. Nel caso di Panzironi, ad esempio, è semplice per la procura dimostrare che abbia avuto per le mani notevoli quantità di soldi che arrivavano da Buzzi e dalla sua coop. La tesi accusatoria ci vede una sorta di stipendio oltre che tangenti che passavano per le sue mani. L’imputato sostiene naturalmente che solo di finanziamenti politici si trattava, girati senza che lui toccasse una lira. Ma sul reato più grave, cioè l'associazione mafiosa l’interrogatorio non può approfondire più di tanto. In pratica non è stata posta nessuna domanda mirata sul carattere mafioso della associazione, contando che il solo nome di Buzzi possa bastare. Il processo insomma continua a cercare un punto di contatto fra i politici e il braccio violento ovvero il gruppo Carminati ma la cooperativa di Buzzi può non bastare.

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