Giuseppe Arnone (foto LaPresse)

Caduta l'accusa di estorsione per Giuseppe Arnone

Massimo Bordin

Da ieri il paladino ambientalista torna alle sue battaglie legali, attualmente dispiegate in difesa di alcuni abusivi di Agrigento e Licata

Sono bastate due settimane all’avvocato Giuseppe Arnone, “paladino delle lotte antimafia e ambientali” come lo ha definito ieri il Fatto, a riconquistare la libertà dopo l’arresto per estorsione e un secondo arresto dopo gli era stata concessa la detenzione domiciliare e lui ne aveva violato le regole presentandosi a difendere una sua assistita in tribunale. La storia vi è stata raccontata in questa rubrica, in due puntate. Questa di oggi è per darvi conto che il tribunale del riesame di Palermo ha fatto cadere l’accusa di estorsione all’origine della vicenda, ritenendola non sufficientemente provata malgrado Arnone fosse stato arrestato con in tasca due assegni, per un totale di quattordicimila euro, appena incassati da chi lo aveva denunciato causando un’indagine corredata dalle consuete intercettazioni telefoniche. Evidentemente non è bastato e qui non si può che plaudire al rigoroso garantismo dei riesaminatori palermitani oltre che istintivamente simpatizzare per una persona che, indagata ma non condannata, recupera la sua libertà. Da ieri il paladino ambientalista torna alle sue battaglie legali, attualmente dispiegate in difesa di alcuni abusivi di Agrigento e Licata. Tutti, del resto, hanno diritto alla difesa e qui non c’è nulla da obiettare. Resta solo un dubbio a proposito di quanto ricordato da Mauro Mellini, che dalla sua casa romana del quartiere Prati tutto segue, il giorno dopo l’arresto di Arnone. Una manchette che avvolgeva un libro del paladino di Legambiente in cui era scritto “E’ inutile che mi quereliate. Tanto mi assolvono”. Evidentemente funziona ancora. Misteri della “antimafia”.

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