(foto LaPresse)

Bandiera Bianca

Il Risorgimento, la scuola italiana e quel che Valditara non dice

Antonio Gurrado

Alle elementari i programmi si fermano agli etruschi, alle superiori si parla solo di Novecento e Costituzione repubblicana, mentre le medie sono il nostro buco nero. Così le scuole italiane snobbano l'Ottocento. È tutto da rifare

Ha ragione Valditara: nella scuola italiana si studia troppo poco Risorgimento. Ovviamente qualcuno adesso salterà su a protestare contro il fatto (immaginario) che il ministro dell’istruzione voglia utilizzare i padri risorgimentali come grimaldello di una bieca campagna patriottica; credo però che le sue parole mirino a una questione più ampia e profonda. Perché infatti non si studia più abbastanza Risorgimento?

Perché esistono studenti che arrivano in quinta liceo, giuro, senza avere notizia della spedizione di Mille? Ve lo dico io. Anzitutto perché si è eliminata la storia moderna e contemporanea dalle elementari, dove si arriva fino ai greci e agli etruschi, tranciando il contatto fra l’età più fantasiosa della vita e gli unici personaggi che la storia d’Italia possa vantare come avventurosi al pari, che so, di cowboy e supereroi. Poi perché il primo contatto con l’Ottocento avviene alle medie, che sono il buco nero dell’istruzione italiana, tre anni da cui in molti contesti c’è il rischio concreto di uscire peggiori di come si è entrati. Quindi perché in quinta liceo la storia deve concentrarsi solo sulle prediche sul Novecento, dilatandolo a dismisura e riducendo l’Ottocento a vaso di coccio fra le grandi rivoluzioni e le grandi riforme. Infine perché la smania per l’educazione civica fa parlare a iosa della Costituzione repubblicana e dei suoi valori, che per carità ben vengano ma dubito esisterebbero se non ci fossero stati lo Statuto Albertino e il sacrificio di migliaia di giovani. Valditara non l’ha detto, quindi mi permetto di aggiungerlo io: in Italia non si studia abbastanza Risorgimento perché la scuola è da rifare.

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