Pierfrancesco Favino (Ansa)

Bandiera Bianca

A rubare il lavoro agli attori americani, caso mai è stato il cinema italiano

Antonio Gurrado

Abbiamo infarcito il nostro immaginario degli stilemi che derivano dall’America. E non vale solo per le produzioni cinematografiche, come gli spaghetti western. Ci piace riempirci la bocca con le americate e una di queste, caro Favino, è  “appropriazione culturale”

E un’altra cosetta che si può dire, dopo la rivendicazione parasovranista di Pierfrancesco Favino sugli attori americani che rubano il lavoro a quelli italiani, è che, se di appropriazione culturale dobbiamo parlare, caso mai è stata inversa: la cultura italiana si è intrisa di quella americana, il cinema italiano ha beneficiato del traino e dell’esempio di quello americano, e non solo con gli spaghetti western.

Abbiamo infarcito il nostro immaginario degli stilemi che derivano dall’America e abbiamo incorporato i loro lessemi, sia nel linguaggio tecnico del cinema ampiamente infarcito di americanismi, sia soprattutto nel calco della fraseologia e della terminologia. Ciò vale non solo al cinema – se chiudiamo gli occhi durante il film italiano, spesso sentiamo parlare una lingua astrusa e lunare, che magari avrebbe più senso tradotta in inglese – ma anche in ogni comparto della nostra vita, che in Italia è quasi sempre recitazione sociale e quindi cinema permanente effettivo. Per questo noi italiani parliamo come se fossimo doppiati male, per questo diciamo “confidente” per “fiducioso” e “decade” per “decennio”. Ci piace riempirci la bocca con le espressioni americane di cui sentiamo l’eco, cerando di perpetuarla per darci un tono e sembrare ganzi come quelli der Kansas City. Una di queste americanate è dire “appropriazione culturale”.

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