Giasone e Medea, John Waterhouse, 1907

Quegli italiani che credono ancora nella magia

Antonio Gurrado

Un caso eclatante a Trecastagni, nel catanese, dimostra che nella testa di alcuni concittadini non c’è una separazione nettissima fra pensiero scientifico e pensiero magico

Gli italiani credono ancora nella magia. Lo dimostra un caso eclatante: a Trecastagni, nel catanese, una signora cinquantenne ha dato fuoco alla villa dell’ex marito, non per vendicarsi della separazione ma perché una fattucchiera di Motta Sant’Anastasia l’aveva assicurata che l’incendio, per incantesimo, avrebbe fatto tornare da lei l’amore dell’uomo.

 

La convinzione con cui la cinquantenne ha agito pone tre problemi piuttosto rilevanti per la nazione.

 

Primo: in Italia esiste una fetta di popolazione che si rivolge ai maghi ed è talmente disperata da mettere in pratica alla lettera le loro prescrizioni, non importa quanto assurde. In compenso, magari, non fa vaccinare i figli anche se glielo dice il medico.

Secondo: in Italia c’è una fetta di popolazione, spero più limitata della prima, convinta che il modo più efficace di conquistare il cuore di qualcuno sia incendiargli casa.

Terzo, ma non ultimo: sapete che mestiere fa la cinquantenne pirosuperstiziosa? La farmacista. È la conferma di ciò che l’emergenza Coronavirus ha già fatto sospettare in questi giorni: nella testa degli italiani non c’è una separazione nettissima fra pensiero scientifico e pensiero magico.

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