Rohani non muove passo senza suo fratello (e altri cinque) “Le nostre centrifughe gireranno bene solo quando anche l’economia delle persone girerà nella giusta direzione”. E’ con frasi come questa che Hassan Rohani lo scorso giugno ha convinto gli iraniani. Sei mesi dopo “lo sceicco della diplomazia” ha rotto il ghiaccio con Barack Obama e rilanciato le relazioni tra Teheran e la comunità internazionale a Ginevra. E’ l’inizio del suo “Gorbaciov moment” o l’acme di una speranza collettiva destinata a morire? Tatiana Boutourline 05 DIC 2013
Sette miliardi di dollari. Ecco perché Khamenei celebra l’accordo A Teheran la firma dell’accordo ad interim sul nucleare tra l’Iran e i 5+1 ha prodotto un’euforia incontenibile. Di ritorno da Ginevra i negoziatori iraniani sono stati accolti come eroi in un’apoteosi di cori in farsi e in inglese, applausi e bandierine, parevano i membri della Nazionale di calcio dopo una vittoria ai Mondiali. L’uomo del giorno, il ministro degli Esteri Javad Zarif, si è concesso stanco e sorridente (nel sorriso, ha spiegato nella domenica del suo trionfo, sta il segreto del buon diplomatico) a una folla di giornalisti, curiosi e signore che gli si accalcavano intorno come groupie. Leggi Il testo dell'accordo siglato a Ginevra - Raineri Provvisorio? L’accordo con l’Iran ha già effetti (su Israele e sui siriani) Tatiana Boutourline 26 NOV 2013
I calcoli siriani di Teheran Dopo una settimana in cui l’esigenza di mandare un messaggio all’Iran atomico ha fatto da corollario a quasi tutte le perorazioni dell’Amministrazione Obama sullo strike contro la Siria, martedì sera Hassan Rohani ha rassicurato gli iraniani. La probabilità di un intervento contro Damasco è diminuita, “certo non del 100 per cento ma è diminuita” e così, momentaneamente archiviato lo spauracchio siriano, il presidente iraniano è tornato a presentare ricette per la salvezza economica e profferte diplomatiche con l’aria del secchione che ha appena dimostrato la sua superiorità al primo compito in classe. Tatiana Boutourline 12 SET 2013
In Siria l’elite vuole il dittatore La contabilità dell’orrore in Siria registra 93 mila vittime secondo le Nazioni Unite e 120 mila stando ai dati forniti dal Syrian Observatory for Human Rights, numeri che scivolano via mentre le Guernica dei nostri giorni svaniscono dietro etichette che dovrebbero spiegare tutto: sciiti e alawiti che respingono i sunniti in un conflitto nazionale che rischia di diventare regionale, come se sciiti e sunniti fossero tutti uguali, robot che marciano compatti i primi a difendere il fronte della resistenza di Teheran e Hezbollah, i secondi, l’Arabia Saudita, il Qatar, la Turchia, a impedire che la mezzaluna sciita si trasformi in una luna piena. Tatiana Boutourline 07 LUG 2013
Parola per parola la “trasparenza” atomica dell’iraniano Rohani Nell’entusiasmo internazionale che circonda l’ascesa del neo presidente iraniano Hassan Rohani, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è l’unica voce fuori dal coro: la moderazione del nuovo numero due di Teheran è solo fumo negli occhi, wishful thinking. “Per noi non cambia nulla”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon, nel frattempo però la luna di miele tra il presidente Rohani e le cancellerie occidentali si è aperta in grande stile. Secondo il New York Times la sua elezione “è molto promettente”, il ministro degli Esteri Emma Bonino e il presidente francese François Hollande caldeggiano la partecipazione dell’Iran alla conferenza di pace sulla Siria Ginevra 2, la Russia rappresenta la vittoria di Rohani come una specie di primavera iraniana cui spalancare le braccia. Tatiana Boutourline 20 GIU 2013
In Iran Rouhani luccica come un nuovo, furbissimo Khatami Dimentichiamoci gli insulti e le invettive à la Mahmoud Ahmadinejad, Hassan Rouhani, il nuovo numero due di Teheran, è un principe della nomenclatura che sa calibrare ogni parola. La sua prima conferenza stampa da presidente eletto è stata un capolavoro di astuzia e self control. Rouhani ha snocciolato parole come “moderazione”, “speranza”, “dialogo”, “partecipazione” con l’espressione paterna e i gesti di un professore. Più che un profeta del “riformismo dall’alto” pareva un campione del “tarof”, quel misto di regole, complimenti e cortesie esagerate che da duemila anni tiene insieme la società iraniana. Tatiana Boutourline 18 GIU 2013
Il “moderato” in Iran è un mullah-tecnico con una chiave in mano Martedì 4 giugno in Iran è stata una giornata particolare. A Teheran lo stato maggiore del regime commemorava la morte dell’ayatollah Khomeini e la Nazionale di calcio batteva il Qatar in una partita per la qualificazione ai Mondiali. Mentre Mohammad Bagher Ghalibaf e Saeed Jalili facevano a gara per farsi immortalare il più vicino possibile al Leader supremo, il “candidato moderato” alle presidenziali del prossimo 14 giugno Hassan Rouhani è corso a Isfahan a piangere la dipartita dell’ayatollah Taheri. Una scelta strana, che ad alcuni è parsa una mossa suicida e ad altri un azzardo denso di presagi. Tatiana Boutourline 14 GIU 2013
Tra il palazzo e le urne Nell’Iran al voto c’è chi sogna un candidato che mangi la pizza Tra i candidati alle presidenziali iraniane non c’è mai stato nessuno come Zahra. Ha 52 anni e se li porta tutti addosso, non può essere tacciata di avere un aspetto o tic da “occidentalizzata”. E’ una donna del popolo che parla pane al pane e non si inerpica in citazioni filosofiche. A differenza di Mir Hossein Moussavi e Mehdi Karroubi, leader dell’Onda verde e della piazza per default, Zahra non ha paura. Provoca con domande irrituali: “Imporre il velo alle donne e lapidarle vi ha reso musulmani migliori?,” e il suo sarcasmo non risparmia neanche l’ayatollah Ali Khamenei. Tatiana Boutourline 14 GIU 2013
In Iran i pasdaran sono divisi in tre parti (e nessuna è viola) A due giorni dal voto in una Teheran in cui non c’è grande piazza senza una mezza dozzina di camionette della polizia, restano solo “sei piccoli indiani” a contendersi la poltrona di Mahmoud Ahmadinejad. Ha abbandonato la corsa il consuocero di Khamenei, Gholam Ali Haddad Adel, e ha rinunciato anche Mohammed Reza Aref, il candidato “riformista” cui la strana coppia composta da Mohammed Khatami e Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, numi tutelari del (fuorviante) “gradualismo democratico”, ha preferito il “moderato” Rouhani. Tatiana Boutourline 12 GIU 2013
Dynasty - Pakistan edition Il perimetro della sua cella nel forte di Attock era lungo trentadue passi. Due volte al giorno, all’alba e al tramonto Mian Muhammad Nawaz Sharif misurava quei confini per scandire le ore nell’antica fortezza Moghul abbarbicata su una collina stretta tra l’Indo e la strada per Peshawar. Condannato a 14 anni di “carcere duro”, imprigionato da un capo dell’esercito da lui stesso nominato – quel generale Pervez Musharraf oggi agli arresti domiciliari e interdetto a vita dai pubblici uffici – irriso dalle guardie e da ex funzionari passati con nonchalance nel campo dei suoi avversari, nel 2000 Sharif era un uomo finito. Nel dicembre di quell’anno la famiglia reale saudita negoziò la sua liberazione. L’ex primo ministro si trasferì a Gedda. Tatiana Boutourline 10 MAG 2013