Marc Zuckerberg (foto LaPresse)

Toh, l'algoritmo è di sinistra. Facebook censura gli articoli conservatori?

Piero Vietti
La Commissione commercio del Senato americano ha inviato una lettera a Mark Zuckerberg per avere chiarimenti sul criterio con cui il social network decide quali articoli debbano comparire nella sezione delle notizie più “trending”. Ecco perché.

La Commissione commercio del Senato americano ha inviato una lettera a Mark Zuckerberg, fondatore e ceo di Facebook, per avere chiarimenti sul criterio con cui il social network più popolare del mondo decide quali articoli debbano comparire nella sezione delle notizie più “trending” (cioè più importanti, discusse, condivise sulle bacheche dei milioni di utenti attivi). L’iniziativa nasce in seguito a uno scoop di Michael Nunez sul sito Gizmodo, il quale – citando come fonte un anonimo ex dipendente di Facebook – sostiene che gli articoli di maggiore interesse per i lettori conservatori vengono sistematicamente tolti o censurati dalla sezione delle news più rilevanti. La notizia, accolta da un coro di “lo avevamo sempre sospettato” da parte del mondo dei media conservatori, è stata subito smentita da Facebook, che avrebbe avviato un’indagine interna senza trovare alcuna prova delle accuse mosse da Gizmodo.

 

“La politica nasce dalla cultura, che nasce da Mark Zuckerberg”, ironizzava su Twitter il columnist conservatore del New York Times Ross Douthat. Che non sia un semplice algoritmo a decidere in ultimo quali articoli debbano comparire nella sezione di trending news su Facebook non è un mistero: c’è una squadra apposita che interviene ed evita che tra i risultati compaiano argomenti sicuramente discussi ma poco pertinenti. Da qui a non riconoscere che Mitt Romney o Glenn Beck siano argomenti più che pertinenti, specialmente per un utente conservatore, il passo è breve, soprattutto se a filtrare – scriveva ancora Gizmodo – c’è una squadra di giovani giornalisti educati negli atenei dell’Ivy League o in generale nella East Coast. Eppure le linee guida di Facebook, ribadite nella smentita ufficiale, sono chiare: i punti di vista politici non devono essere soppressi né censurati. Poche settimane fa Mark Zuckerberg ha preso pubblicamente posizione contro Donald Trump, le cui idee sono state definite “spaventose” dal trentunenne fondatore di Facebook.

 

Da qui a sostenere che i suoi dipendenti darebbero la precedenza a notizie o argomenti liberal, escludendo quelli di matrice conservatrice, ce ne passa. C’è un pregiudizio anticonservatore negli uffici di Menlo Park, che impone un menu di letture di sinistra a oltre un miliardo e mezzo di utenti? L’economista liberale Tyler Cowen pensa piuttosto che Facebook, adeguandosi alla “domanda” di informazione predominante, abbia almeno il merito di calmierare temi inizialmente trending ma effettivamente scadenti. Lo stesso Cowen è più critico rispetto a un’altra indiscrezione di Gizmodo: Facebook promuoverebbe tematiche che non interessano più gli utenti, come la crisi dei rifugiati siriani o il movimento “Black lives matter”, solo per non apparire come un social network troppo “cinico”. “In questo caso agiscono goffamente, secondo i dettami del politicamente corretto, senza averlo dichiarato pubblicamente”. Resta il fatto che è Facebook a decidere cosa leggiamo nelle trending news. Non basterà una Commissione a stabilire se lo faccia con un pregiudizio liberal.

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  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.