Ci vorrebbe il nastro adesivo di Zuckerberg per proteggerci dai vizi ideologici di Facebook

New York. Mark Zuckerberg è molto preoccupato della sua sicurezza, molto meno della sicurezza delle informazioni che ci trasmette. Facebook spende decine di milioni di dollari ogni anno per garantire l’incolumità del ceo, che la mattina va a correre circondato da cinque guardie del corpo, e le precauzioni sono del tutto comprensibili. Ma l’allegra foto celebrativa per i 500 milioni di utenti di Instagram che ha fatto l’altro giorno ha rivelato un ulteriore livello di paranoia. Zuck protegge il suo computer con il nastro adesivo. Involontariamente, sullo sfondo dell’immagine compariva il suo portatile, con la telecamera e l’ingresso del microfono coperti da pezzi di nastro; magari sono sottilissimi microchip prodotti negli antri più segreti della Silicon Valley che gli permettono di vedere e sentire il futuro, ma più probabilmente sono pezzi di scotch messi lì per arginare gli hacker che penetrano e prendono possesso dei computer, trasformandoli in macchine da spionaggio. E’ difficile prendere il controllo della telecamera integrata del Mac senza che si accenda l’apposita lucina, ma i più bravi ci riescono. Manomettere il microfono è più facile.

 

Il capo di Facebook è un bersaglio fisso di attacchi, hanno provato a insinuarsi nei fatti suoi in tutti i modi, e occasionalmente ci sono pure riusciti. Tutta la sofisticazione di questo mondo fatto di cyberspie e cybercontrospie si sbriciola di fronte al nastro adesivo, e da questo dettaglio si potrebbero facilmente tirare fuori inni luddisti per l’èra analogica e ritornelli nostalgici sul bel mondo di una volta. Il fatto, però, è che anche gli utenti di Facebook, quelli normali, dovrebbero avere un certo timore nei confronti degli attacchi cibernetici, e non si tratta di hacker che cercano di violare i dispositivi ma di arbitri della conversazione social che si trincerano dietro algoritmi imperscrutabili, non si sa quanto controllati arbitrariamente da mani d’uomo e quanto lasciati ad intelligenze artificiali. Essere protetti da un deliberato processo di selezione delle informazioni: non è sicurezza anche questa? Facebook è già incappato in un problema con le notizie tagliate in senso conservatore che scomparivano o s’inabissavano nel feed, così Zuckerberg ha convocato gli opinion maker della destra americana per fare ammenda e promettere un cambiamento. Ma all’ultima assemblea dei soci un tale di nome Justin Danhof, rappresentante del National Center for Public Policy Research, che possiede titoli del social network, è saltato su dicendo che la pratica non è affatto cambiata, l’algoritmo fintamente imparziale continua a prediligere certi tipi di notizie. Ha esibito decine di istanze in cui la vecchia pratica s’è ripetuta. Addirittura l’attrice Patricia Heaton, notoriamente pro life, ha lanciato messaggi di sostegno a un consultorio che propone vie alternative all’aborto, e Facebook lo ha passato ai suoi utenti con questo titolo: “Patricia Heaton lancia un messaggio contro l’aborto”. Zuck ha lasciato che rispondesse uno dei suoi manager.  Ci vorrebbe un nastro adesivo che protegge dai vizi ideologici.

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