Il premier israeliano Benjamin Netanyahu (foto LaPresse)

Un altro schiaffo a Netanyahu

Redazione

Barack Obama non incontrerà Benjamin Netanyahu a Washington, quando il premier israeliano arriverà, a inizio marzo, invitato a parlare al Congresso degli Stati Uniti dallo speaker John Boehner: “Non lo vedrò – ha detto il presidente americano".

Barack Obama non incontrerà Benjamin Netanyahu a Washington, quando il premier israeliano arriverà, a inizio marzo, invitato a parlare al Congresso degli Stati Uniti dallo speaker John Boehner: “Non lo vedrò – ha detto il presidente americano – semplicemente perché la nostra policy è di non incontrare un leader internazionale due settimane prima che ci siano le elezioni nel suo paese, penso sia una cosa inappropriata, e vale con molti nostri alleati stretti”. E’ andata così con il premier inglese David Cameron, volato in tutta fretta poco tempo fa a Washington in modo da non avvicinarsi troppo alla data delle elezioni nel Regno Unito. In realtà proprio quella visita è stata interpretata, a Londra, come un endorsement fatto e finito da Obama a Cameron, ma il problema, con Netanyahu, è di tutt’altra natura, sebbene ci siano già parecchi titoli sul “disastro diplomatico” del premier israeliano. I due come si sa non si amano, non si sono mai trovati, ormai da molto tempo sentiamo racconti più o meno sfiziosi sul gelo tra i due (e sul rammarico di Netanyahu che in America diventò, negli anni Ottanta, famoso): l’alchimia non c’è, e va bene, ma è la sintonia strategica a mancare, e ciò, trattandosi di Iran e di atomiche e di minacce esistenziali allo stato ebraico, è piuttosto grave.

 

Il Congresso americano ha preparato un bill per intensificare le sanzioni a Teheran, il documento è pronto, ma Obama, durante lo show del discorso sullo stato dell’Unione, ha detto che una mossa del genere “non ha senso”, rischia di mandare all’aria il processo diplomatico aperto con l’Iran, processo in realtà già parecchio in aria, ma il presidente è stato categorico, piuttosto che quella legge, un veto. E il Congresso, notoriamente più falco della Casa Bianca sulla questione nucleare di Teheran, ha deciso infine di assecondare il volere del presidente. Bob Menendez, senatore democratico e coautore della proposta di legge assieme al repubblicano Mark Kirk, ha annunciato martedì sera: “Non sosterremo il passaggio del bill Kirk-Menendez al Senato fino al 24 marzo prossimo”, che è una delle date previste nelle trattative tra Iran e 5+1 per ottenere qualche passo in avanti dell’accordo (la deadline è a fine giugno). I repubblicani vogliono andare avanti, ma se i democratici invece rispettano l’ordine di partito, non ci saranno i voti sufficienti. Si aspetterà dunque che il negoziato faccia il suo piccolo corso, che si tengano le elezioni in Israele anche, per vedere se Netanyahu le vincerà, come vuole Obama, senza alterare troppo la sensibile leadership iraniana, perché la Casa Bianca a quell’accordo ci tiene, e pazienza se Israele già subisce nuovi attacchi dal Golan proprio dagli alleati dell’Iran, Obama ha una legacy cui pensare, no ingerenze please.

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