Emmanuel Macron, nuovo ministro dell'Economia francese (Foto AP)

Governo Valls 2

Si parla di 35 ore, è panico fra i socialisti francesi

David Carretta

Le 35 ore in Francia sono un totem, una sorta di articolo 18, una reliquia del secolo passato, un sol dell’avvenire diventato abbaglio, che però né i governi di centrodestra né quelli di centrosinistra osano rimettere in discussione.

Bruxelles. Le 35 ore in Francia sono un totem, una sorta di articolo 18, una reliquia del secolo passato, un sol dell’avvenire diventato abbaglio, che però né i governi di centrodestra né quelli di centrosinistra osano rimettere in discussione, pena una rivolta dei grandi poteri della conservazione, quali sono i sindacati, i funzionari pubblici e alla fine gran parte della classe politica, tanto più se una maggioranza è traballante. Così, ieri, è bastata un’intervista a un ex banchiere ed ex consigliere dell’Eliseo, ma non ancora diventato ministro dell’Economia, per gettare nel panico il governo “Valls 2”, che il presidente François Hollande aveva promesso sarebbe stato delle “riforme” e della “chiarezza”. Il Point aveva sentito Emmanuel Macron prima della sua nomina a sorpresa per sostituire Arnaud Montebourg, l’ex ministro dell’Economia cacciato con inusuale piglio decisionista da Hollande per le costanti bordate contro la piccola dose di liberalismo (40 miliardi di riduzione del cuneo fiscale finanziati con 50 miliardi di taglio alla spesa pubblica) che il governo “Valls 1” avrebbe dovuto iniettare al malato Francia. Le imprese non assumono, il potere d’acquisto è fermo, le ore di straordinario sono state di nuovo tassate dopo la moratoria di Nicolas Sarkozy, e Macron preconizzava una soluzione socialdemocratica per lavorare di più, produrre di più e guadagnare di più (dipendenti, imprese e casse pubbliche). Non abolire il limite delle 35 ore settimanali lavorative, ma “autorizzare le imprese e i settori, nel quadro di accordi maggioritari, a derogare alle regole dell’orario di lavoro e di remunerazione. E’ già possibile per le imprese in difficoltà. Perché non estenderlo a tutte le imprese, a condizione che ci sia un accordo maggioritario con i dipendenti?”. L’obiettivo – ha spiegato Macron al Point – è di “uscire dalla trappola in cui l’accumulazione di diritti per i lavoratori si trasforma in altrettanti handicap per quelli che non lavorano”. Ma il premier Manuel Valls è stato costretto a smentire e mettere in riga Macron: il governo “non ha intenzione di ritornare sulla durata legale del lavoro a 35 ore”, ha detto Matignon.

 

Per i socialisti francesi del secolo scorso le 35 ore sono la misura faro dell’ultima esperienza felice di governo socialista, quella della “gauche plurielle” guidata tra il 1997 e il 2002 da Lionel Jospin, che si concluse con il terzo posto dell’allora premier dietro al leader di estrema destra, Jean-Marie Le Pen, alle presidenziali dello stesso anno. La legge firmata nel 1999 da Martine Aubry è sopravvissuta a 14 anni di polemiche e alternanze di governo. I più riformisti dentro il Partito socialista, come l’allora ministro delle Finanze Laurent Fabius, la contestarono subito perché “troppo rigida”. Dominique Strauss-Kahn e Bernard Kouchner attribuirono alle 35 ore la disfatta elettorale del 2002. Ségolène Royal, dopo la sconfitta presidenziale del 2007, accusò il Ps di averla costretta a difenderle nel suo programma presidenziale, mentre Sarkozy prometteva di “far saltare la catena delle 35 ore”. Ma nei suoi cinque anni all’Eliseo, pur consentendo deroghe e detassando gli straordinari, nemmeno il predecessore di Hollande ha rimesso mano alla legge che fissa a 35 ore l’orario massimo di lavoro.

 

Valls nel 2010 aveva chiesto di “superare le 35 ore” perché hanno “intaccato la competitività del nostro paese”. Mercoledì ha sedotto gli industriali del Medef con un discorso al grido di “io amo l’impresa” (Hollande in campagna presidenziale aveva detto di “odiare la finanza”), “viviamo in un mondo globalizzato” e bisogna fare le riforme come Gerhard Schröder in Germania. Ma la smentita di Matignon sulle 35 ore lascia intendere che all’Eliseo prevale ancora “l’uomo della sintesi molle” (così Libération ha definito Hollande per la sua costante ricerca di compromessi tra le anime incompatibili del Ps). Con una fronda di una quarantina di deputati pronti a non votare la fiducia al “Valls 2” e una maggioranza autonoma di soli due voti all’Assemblea nazionale, le 35 ore devono rimanere tabù. Per ammansire la sinistra del PS, Hollande ha promesso più libertà dentro al partito (“non sarò mai per un Ps caserma”, ha detto al Monde il segretario Jean-Christophe Cambadélis) e ha delocalizzato a Bruxelles le battaglie di Montebourg. Ieri Hollande ha annunciato che chiederà un Vertice straordinario della zona euro contro la deflazione e “l’interminabile stagnazione”, che consenta alla Francia “una piena utilizzazione della flessibilità nel ritmo di riduzione dei deficit”.