Najat Vallaud-Belkacem, neo ministro dell’Istruzione in Francia (Foto AP)

“Una sorridente Vietminh”

Una Khmer rosa a Parigi. Ecco Belkacem, ministro della Rieducazione

Giulio Meotti

Hervé Mariton, dell’Ump, l’ha definita “una sorridente Vietminh”. Najat Vallaud-Belkacem ha una straordinaria storia di integrazione. A sedici anni non era ancora cittadina francese. Oggi è il neo ministro dell’Istruzione di Parigi. Un posto strategico del nuovo governo di Manuel Valls.

Roma. Hervé Mariton, dell’Ump, l’ha definita “una sorridente Vietminh”. Najat Vallaud-Belkacem ha una straordinaria storia di integrazione. A sedici anni non era ancora cittadina francese. Oggi è il neo ministro dell’Istruzione di Parigi. Un posto strategico del nuovo governo di Manuel Valls. Per capire la visione della Belkacem si deve leggere il testo di uno dei suoi assistenti, il sociologo Christian Maurel. E’ il manifesto per una “educazione popolare”. Istruire, si legge, significa “uscire da ogni appartenenza culturale e di genere”. Lo si può fare attraverso “una didattica della trasgressione”, “dire e fare ciò che è stato in precedenza proibito”. Ma il giorno stesso in cui “il volto nuovo del socialismo francese” (definizione dell’Express) è stata scelta per occupare il ministero è partita la controffensiva sulle idee di Najat Belkacem. “Famigliofoba”, ha scandito la Manif pour tous. “Khmer rosa”, secondo la definizione del Figaro. Ludovine de La Rochère, portavoce della Manif, ha detto che Belkacem “è immersa nella lotta dei sessi come altri lo sono nella lotta di classe”. Parlando al Monde, la neo ministra ha detto che porterà in tutte le scuole la sua “L’Abcd dell’uguaglianza”, finora confinato a una decina di istituti. Un programma sospeso dal precedente inquilino di Rue de Grenelle, Benoît Hamon, a causa delle proteste dei genitori. La nomina di Belkacem è la contropartita di estremismo sociale che Valls ha offerto alla sinistra del partito in cambio del liberismo economico.

 

Fu la ministra Najat Vallaud-Belkacem a capire per prima che i socialisti avrebbero dovuto puntare, più che su una classe operaia sempre più attratta dal Front national, “sulle donne, i giovani e le minoranze”. Così Belkacem, che ha introdotto la “teoria del genere” nelle scuole di Parigi, in un suo vecchio saggio scriveva: “Credo nella pubblica istruzione, nella sua capacità di cambiare la mentalità di una società e di una intera generazione”. Siamo oltre persino il giacobinismo anticristiano del predecessore della Belkacem, Vincent Peillon, che rovistava fra i Lumi. E’ piuttosto una palingenesi tale da spingere le associazioni cattoliche a ribattezzarla “ministre du décervelage”, ministro del lavaggio del cervello. E ancora: “Belkacem à l’Education, cachez vos enfants”.
La neo ministra ha proposto, fra i vari provvedimenti, un revisionismo letterario: “Scrivere sui libri di testo l’inclinazione sessuale di ogni personalità di rilievo”. Suo il progetto di legge per favorire “l’uguaglianza tra uomini e donne”, in cui vorrebbe obbligare i provider internet a denunciare “tutto ciò che sulla rete ha un contenuto sessista o omofobo”. Una sorta di delazione.

 

Sua la decisione di portare nelle scuole libri come “Papà porta la gonna”, in cui si insegna che “i sessi non sono complementari” e si possono cambiare. Sua, da ministro dei Diritti delle donne, la legge che ha “abolito” la prostituzione, criminalizzandone i clienti.
Dietro il sorriso, Belkacem nasconde una ideologia radicale e potente. “Belkacem ha l’ambizione di riformare la mentalità”, ha detto Hervé Mariton, il deputato dell’Ump che si oppose all’allora portavoce del governo socialista durante il dibattito parlamentare per l’approvazione del matrimonio omosessuale. Belkacem si è circondata di collaboratrici ideologiche come Caroline de Haas, fondatrice di Osez le féminisme e protagonista di campagne come “Osez le clito”. Secondo il filosofo François-Xavier Bellamy, Belkacem ha un programma semplice e affascinante: “Criminalizzazione e rieducazione”. Secondo Bellamy, autore del nuovo libro “Les déshérités”, Belkacem intende abolire la cultura, che “nella migliore delle ipotesi è un lusso inutile; nel peggiore dei casi, un bagaglio ingombrante”. In questa logica, “la conoscenza è discriminatoria”. Il sociologo Jean-Pierre Le Goff scrive che Belkacem fa parte di “una scuola di pensiero che non vuole cambiare la società attraverso la violenza e la coercizione, ma la scuola, la comunicazione e la legge”. Lo ha definito “goscismo culturale”. Secondo Le Goff, “dietro il sorriso da Dalai Lama c’è la rabbia dei sanculotti”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.