Ismail Haniyeh, leader di Hamas (Foto AP)

La vulnerabilità di Israele

Redazione

Hamas ha poco da festeggiare. Ci vorranno dieci anni per riportare la Striscia di Gaza al punto in cui era prima di questa guerra. Mille terroristi sono rimasti uccisi nei combattimenti con Israele, i cui soldati si sono dimostrati in grado di combattere nell’ostile ambiente urbano di Gaza.

Hamas ha poco da festeggiare. Ci vorranno dieci anni per riportare la Striscia di Gaza al punto in cui era prima di questa guerra. Mille terroristi sono rimasti uccisi nei combattimenti con Israele, i cui soldati si sono dimostrati in grado di combattere nell’ostile ambiente urbano di Gaza. Hamas ha consumato tre quarti del suo arsenale bellico. E nella tregua siglata dall’Egitto ha ottenuto quello che gli veniva offerto all’inizio del conflitto, ossia quando la conta dei morti era ferma a duecento, non duemila. Eppure Hamas ha anche molto di cui essere fiera. Fino all’ultimo minuto prima della tregua, i suoi miliziani hanno lanciato decine di missili contro le città israeliane, colpendo zone del paese che si credevano immuni dalla minaccia. Le tre vittime civili israeliane sono arrivate negli ultimi due giorni di conflitto, quando in teoria la capacità bellica di Hamas doveva essere indebolita. Hamas ha costretto tre quarti delle compagnie aeree internazionali a cancellare i voli su Tel Aviv e ha inflitto un durissimo colpo all’economia israeliana. Soprattutto, Hamas ha esposto tutta la vulnerabilità di Israele, ha archiviato per il momento la possibilità dei “due stati per due popoli”, ha scatenato una spaventosa ondata di antisemitismo in Europa e ha dimostrato di non essere affatto un corpo estraneo palestinese. Quando i leader di Hamas, Ismail Haniyeh e Mahmoud Zahar, sono usciti dalle loro tane, la popolazione palestinese avrebbe dovuto linciarli e contestarli per la rovina che hanno portato nella regione. Invece no. Feste, giubilo e danze hanno accompagnato il ritorno in superficie degli assassini.

 

E’ Israele che ha molto su cui riflettere e infatti la popolarità del premier Benjamin Netanyahu è ai minimi storici. Roni Daniel, il maggiore analista militare, ha detto che “per due mesi una banda di terroristi ha tenuto testa al più forte esercito del medio oriente”. Israele non è mai stato in grado di fermare il lancio di missili, ha ignorato la minaccia dei tunnel e ha dovuto persino evacuare il sud del paese. La resistenza islamica palestinese, soprattutto, non ha mai alzato bandiera bianca. “La guerra doveva finire con Hamas che implorava”, ha scandito Roni Daniel. E’ così che doveva concludersi la guerra fra una banda di fanatici assetati di sangue ebraico e una grande democrazia. Con i primi con la coda fra le gambe. Questa tregua, invece, sarà il preludio a una guerra ancora più sanguinosa che Gerusalemme, prima o poi, sarà costretta a combattere. Israele non può accettare come status quo quello in cui un regime islamico alle sue porte decide di tenere in scacco il paese per cinquanta giorni.