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Il filosofo e la chiesa intimidita

“Trovo che le dimissioni di Benedetto XVI siano un segno preoccupante e che non a caso arrivino pochi mesi dopo quelle dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, l’altro leader della cristianità occidentale”. Roger Scruton, da buon erede della tradizione pessimista di Edmund Burke, non giudica positivamente la decisione di Papa Ratzinger. E da anglicano, Scruton lega l’uscita di scena del Pontefice a quella di Williams, “il prete più potente e prestigioso del mondo anglosassone”, il capo spirituale della chiesa d’Inghilterra e di settanta milioni di anglicani in tutto il mondo.

20 FEB 2013

“Contro lo sciatto secolarismo”

“Anche i laici devono essere grati a Ratzinger”

"Abbiamo tutti bisogno del Papa, anche quei laici che non lo confesserebbero mai”. Così il re dei “neo fogey”, i reazionari colti e di gusto dell’epoca thatcheriana, l’ottantacinquenne Paul Johnson, commenta le dimissioni di Benedetto XVI. Il maggiore storico inglese, che ha scritto tanto, negli ultimi tre decenni, per svelare le grandi e piccole meschinità, le ipocrisie e le incoerenze delle “chattering classes”, la sinistra culturale benestante e compiaciuta, ritiene che l’addio di Papa Ratzinger sia in sintonia con il suo carattere. “Giudico molto saggia la decisione di Papa Benedetto di dimettersi”, dice Johnson al Foglio.

19 FEB 2013

Inquilino Allah

Dieci anni fa il premio Nobel per la Letteratura, Günter Grass, propose di trasformare in moschee le chiese senza più fedeli. “Sarebbe un grande gesto”, proclamò la “coscienza dolente della Germania”. Un gesto veramente “ecumenico”. Adesso una grande chiesa luterana di Amburgo, la Kapernaumkirche, si appresta a essere convertita in luogo di culto islamico. A causa della rampante decristianizzazione, la chiesa è senza quasi più fedeli dal 2002. L’acquirente è l’al Nour Islamic Center, una organizzazione di riferimento per molti immigrati dal medio oriente e dal nord Africa.

15 FEB 2013

I cristiani fuggono dalla Libia. Le ong evocano l’“estinzione” in medio oriente

“I cristiani sono cacciati dalla Libia dai fondamentalisti islamici”. La denuncia arriva dalla personalità cattolica di più alto grado nel paese, Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. “Due comunità religiose lasciano la Cirenaica dopo aver subìto pressioni dai fondamentalisti. La situazione è critica”. Il vicario apostolico di Bengasi è stato avvertito di lasciare la chiesa, pena la morte. Da Derna è già fuggita la congregazione della Sacra famiglia di Spoleto, che si trovava nella città da quasi cento anni.

13 FEB 2013

Il broker d’Europa

La storia politico-tecnocratica del prototipo di Monti

Se un’Europa unita verrà realizzata nel nostro tempo, allora Jean Monnet sarà considerato dalle generazioni a venire come il suo santo patrono”, scriveva il giornalista americano Theodore White negli anni Cinquanta. “Questo gigantesco, piccolo uomo, mai eletto da nessuna istituzione, è la figura pubblica più misteriosa dei tempi moderni”. Jean Monnet, che aveva iniziato la sua carriera con la vendita del cognac, era anche noto come il più incorreggibile panglossiano di Francia, l’ottimista a oltranza. A chi gli chiedeva cosa lo ispirasse nel perseguire la costruzione di una Europa unita, l’economista e diplomatico rispondeva “le rovine dell’Alsazia e della Lorena”, regione da sempre contesa fra Parigi e Berlino e causa di guerre.

10 FEB 2013

“Ci danno la caccia in casa”. Agguato (fallito) al critico dell’islam

Il giornalista americano Bruce Bawer ha definito l’attentato “i tre giorni del Condor della Danimarca”. Altri hanno evocato il precedente di Pim Fortuyn, il professore e politico olandese assassinato per le sue idee da un ambientalista con un colpo alla testa. Martedì sera il più noto critico danese dell’islam politico, lo storico direttore della International Free Press Society, Lars Hedegaard, è rimasto miracolosamente illeso dopo aver subìto un agguato da parte di un uomo che lo ha avvicinato vestito da postino e gli ha sparato mirando alla testa, mancando il bersaglio.

07 FEB 2013

Poi si scoprì che i paesi pacifisti d’Europa deportavano terroristi

Un rapporto del Parlamento europeo dello scorso settembre aveva definito le rendition – lo strumento clandestino utilizzato per il sequestro e il trasferimento di presunti terroristi in paesi terzi – “la più grande violazione dei diritti umani avvenuta in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale”, quasi peggio di Srebrenica. Non la pensavano così governi europei – di destra e di sinistra – che dopo l’11 settembre 2001 alle rendition della Cia avevano collaborato, anche se due dei paesi che pure avevano preso parte alla “guerra del terrore” e all’invasione dell’Iraq, Italia e Regno Unito, non si erano dimostrati particolarmente generosi con Washington.

05 FEB 2013

Conseguenze dello strike

Israele si prepara al dopo Assad con una buffer zone e una nuova mappa

“Per il governo di Benjamin Netanyahu la caduta della leadership alawita in Siria sarebbe un colpo durissimo all’influenza iraniana nel Levante e al suo alleato in Libano, Hezbollah. Se la Siria si disintegrerà, Israele proteggerà i suoi interessi strategici”, dice al Foglio Yossi Alpher, ex consulente del ministro della Difesa Ehud Barak, che ha alle spalle anche molti anni nel Mossad. Domenica Barak ha per la prima volta lasciato intendere che il governo di Gerusalemme ha fatto lo strike militare in territorio siriano per neutralizzare la possibilità che le armi chimiche fossero trasferite a Hezbollah.

05 FEB 2013

Nel monte di Fordo

Con il trasferimento di tutte le centrifughe più avanzate nella montagna di Fordo, quattro mesi fa il programma nucleare iraniano si era spostato ufficialmente sotto terra. Adesso un sabotaggio potrebbe aver messo fuori uso parte della centrale. Lunedì scorso ci sarebbe stata una forte esplosione che ha colpito il sito nucleare, il “sancta sanctorum” del programma iraniano. La notizia dell’esplosione è stata resa pubblica da Hamid Reza Zakeri, ex ministro della Sicurezza iraniano fuggito dal paese due anni fa.

29 GEN 2013

“Israele ama volti nuovi”

“Bibi e Lapid insieme”. La crisi di Netanyahu e l’attrazione del centro

In passato le elezioni israeliane sono state dominate dal tema della sicurezza, da quella del laburista Ehud Barak nel 1999 a quella del generale Ariel Sharon due anni più tardi. Quelle del 2013 sono state scandite da una parola d’ordine: “Share the burden”. Dalle tasse al servizio militare, tutta la società deve farsi carico delle responsabilità nazionali. Questa dimensione “domestica” della campagna elettorale ha punito Benjamin Netanyahu, che ieri mattina si è risvegliato con due incubi: la perdita di dieci seggi in Parlamento (dove il Likud resta primo partito) e la creazione di una coalizione di governo stabile.

23 GEN 2013
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