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Quelli che straparlano baloccandosi sul genocidio dei palestinesi

Andrea Marcenaro

Cosa dimostra l'uso generale e difusso del termine genocidio quando riferito a questa guerra, nella sua grottesca esibizione

Gli ebrei avvisano, prima di rischiare di colpire civili. Poi ne colpiscono, non possono evitarlo. Si chiama guerra e la guerra è schifosa. Spiace. I palestinesi di Hamas avvisano di aver colpito, non distinguono tra militari e civili,  per colpire un’altra volta i civili già morti e ancor di più i rimasti vivi. Non è lo schifo della guerra, è il colpo alla nuca sparato alle spalle. Dedicato ai più stupidi: eticamente molto peggio di Dresda.

Gli ebrei processano, a guerra in corso, i loro soldati e i loro civili sospettati di errori o di orrori. I palestinesi di Hamas incitano i loro soldati e i civili a commettere orrori, non prevedono errori, poi premiano con onori e denaro chi  li ha commessi. E c’è, da Milano a Parigi, da Londra a New York, chi non prova ribrezzo. Gli ebrei non hanno mostrato film e foto delle loro figlie squartate. Non volevano. E non per una tecnica di comunicazione. Sono stati costretti a mostrarle solo quando la buona borghesia di un occidente infame ha raccontato al mondo che a squartare la cultura civile erano quelli che la difendevano difendendo loro stessi. Non esistono nuovi lager in costruzione dalle parti di Tel Aviv. Ne esistono ancora nei desideri di Hamas e, per il quasi niente che per fortuna possono, li fanno. Gli ebrei sono stati obbligati a mostrare quelle immagini inimmaginabili, e sulle quali purtroppo non c’è più nulla da immaginare, solo quando le vittime già stuprate due volte (una delle quali dalla nostra cultura euro-americana alta) hanno chiesto ai padri e alle madri in lutto di non essere fatte a pezzi per la terza volta. Insieme ai genitori e alla loro patria. Forse è questa la parte peggiore di una guerra spacciata come sadismo ebreo nei circoli dei grandi commercianti educati, spaparanzati su divani insanguinati con Martini e oliva à côté. Viene già in mente il Giorno della Memoria del 27 prossimo. Si chiami della Dimenticanza, o venga dimenticato. I preti cattolici, i preti ortodossi, i patriarchi cirillici dell’ortodossia russa, gli imam musulmani e tutta la marea di preti, veri o formalmente meno, compresi gli induisti, i giansenisti, i taoisti, i buddisti, i confuciani o gli shintoisti, dimostrano un’altra volta come, in qualsiasi parte del mondo si arrivi al punto, le religioni che propagandano la perfezione dell’uomo siano infinitamente più vili e più sporche della sporca coscienza nostra e di quell’obbrobrio che loro dicono essere la  politica.

L’uso generale e diffuso del termine genocidio riferito a questa guerra, nella sua tragica e grottesca esibizione vomitata dalle classi dirigenti di oggi e inghiottita dalle classi dirigenti di domani, dimostra che vere intenzioni genocidarie già bussano e busseranno di nuovo numerose alle porte. Non sarà molto tardi. L’ignoranza cieca e in malafede è stragista al di là del tornaconto a breve. Se uccidi trentamila innocenti su sette, otto milioni, è inevitabile interrogarsi sulla tua disponibilità al cinismo e al peggio dentro di te. Anche quando di scudi umani si tratti. Se ne uccidi sei milioni su sei, o su sette, vale a dire quasi tutti, perché tutti vuoi cancellare, quello si chiama genocidio e il genocida sei tu. Gli arabi sanno che non lo subiranno mai da Israele. Mai. Se non potranno, loro, praticare un nuovo genocidio contro Israele stesso, come già hanno tentato in passato con i nazisti e ancora proclamano talora di volere, sarà solo un bene.

E chi si balocca a cazzo di cane col termine genocidio parlando di Israele: dal Corriere della Sera, a quella specie di tremebondo fasullo chiamato Molinari, a quello scemo elegante di Conte, alle televisioni pressoché tutte, alle Schlein, ai social e perfino al Papa, non solo del genocidio non ha capito né capirà mai niente, ma incarna in modo ineguagliabile il profilo del mascalzone che lo accetterebbe se venisse compiuto.
Se il direttore Cerasa non mi caccia subito, procederei fino al punto 300 … (seguirebbe).

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  • Andrea Marcenaro
  • E' nato a Genova il 18 luglio 1947. E’ giornalista di Panorama, collabora con Il Foglio. Suo papà era di sinistra, sua mamma di sinistra, suo fratello è di sinistra, sua moglie è di sinistra, suo figlio è di sinistra, sua nuora è di sinistra, i suoi consuoceri sono di sinistra, i cognati tutti di sinistra, di sinistra anche la ex cognata. Qualcosa doveva pur fare. Punta sulla nipotina, per ora in casa gli ripetono di continuo che ha torto. Aggiungono, ogni tanto, che è pure prepotente. Il prepotente desiderava tanto un cane. Ha avuto due gatti.