UNA FOGLIATA DI LIBRI

Schegge di vita

Enrico Paventi

La recensione del libro di Franco Ferrarotti, edito da Armando Editore, 254 pp., 22 euro

I libri nei quali studiosi capitali narrano la propria vita e le proprie esperienze si rivelano spesso appassionanti, poiché i loro autori riescono a distillare l’essenza di tutto quanto hanno vissuto rendendola, pertanto, fruibile a chiunque sia disposto a riservarle la necessaria attenzione. Va subito messo in rilievo, al riguardo, come questo volume di Franco Ferrarotti (1926) non tradisca le attese dal momento che egli – decano dei sociologi non solo italiani – vi raccoglie un cospicuo numero di scritti che hanno il loro punto di forza nella varietà dei temi affrontati, dei personaggi incontrati e dei luoghi visitati. Una varietà che trova tuttavia il suo elemento unificante nella prosa dello studioso, scorrevole e limpida, incisiva e densa.


Occorre inoltre sottolineare come Ferrarotti non faccia mistero delle sue intenzioni, quando afferma di non essere “portato al moraleggiare o a impartire lezioni, ma piuttosto a lasciare che i fatti, se hanno qualcosa da dire, parlino da soli.” Ecco: i fatti raccontati in questo memoir sono davvero numerosi e vanno ben oltre l’ambito delle scienze sociali, giacché riguardano tanto la letteratura quanto la musica, tanto l’arte quanto la filosofia. Le pagine dedicate a Flaiano e a Pontiggia, a Sughi e a Lacan, a Sartre e a Zavattini, ad Abbagnano e a Faulkner sono destinate a rimanere impresse nella memoria del lettore.

Certo, lo studioso non trascura di ricordare le accalorate discussioni alla quali egli ha preso parte con i colleghi sociologi tra gli Stati Uniti e l’Europa, confronti talvolta non privi di animosità ma sempre fruttuosi, in grado cioè di arricchire reciprocamente i diversi interlocutori. Ferrarotti non manca, inoltre, di raccontare alcuni episodi che, resi in maniera assai efficace, divertono e contribuiscono ad assortire i registri stilistici della narrazione. È il caso di qualche disavventura, fortunatamente a lieto fine, nella quale è incappato durante la sua permanenza a New York e a Chicago.  Corredato da un buon numero di foto, Schegge di vita è un testo dal quale emerge chiaramente il rispetto per le idee e il gusto per la ricerca intellettuale: qualcosa che va ben al di là di ogni penoso opportunismo accademico rivelandosi, al contrario, stimolante e avvincente. Si tratta, in altre parole, di prendere sul serio il frutto del lavoro degli studiosi. Conclude in proposito l’autore: “Sono valori che restano e per i quali il ricordo, oggi, per me è una doverosa testimonianza”. 

 

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