Fernandel e Gino Cervi in una scena del film "Don Camillo monsignore... ma non troppo" (Wikimedia)  

Overbooking

I libri di Guareschi e Nori, parchi giochi dell'immaginazione

Antonio Gurrado

I racconti dell'uno sono così centrati, così miracolosamente semplici, che funzionano anche in versione fumetto. E anche i romanzi dell'altro, registrati a voce per Audible, mantengono inalterata la propria efficacia

Paolo Nori e Giovannino Guareschi sono di Parma – di Parma Parma il primo, benché con détour bolognesi, di Fontanelle di Roccabianca il secondo, che mise poi radici a Roncole Verdi. Li lega anche la disinvoltura nell’oltrepassare l’oggetto libro per comunicare le proprie storie. L’immaginario guareschiano collettivo è intriso dei film con Fernandel e Gino Cervi, al punto che tutti credono la saga di don Camillo ambientata a Brescello, benché il paese non venga mai specificato; i suoi racconti però sono così centrati, così miracolosamente semplici, che funzionano anche in versione fumetto. Stanno venendo pubblicati degli albi del Corrierino delle famiglie (testi di Davide Barzi e disegni di Adriano Fruch, Renoir edizioni; il primo volume ha 89 pp. e costa 14,90 euro€) di fronte a cui la prima reazione è il déjà-vu: trovare familiari quelle illustrazioni perché già a una prima, lontana lettura, le immagini erano germinate spontaneamente dalle pagine sorridenti di Guareschi.

 

Paolo Nori invece, mentre Mondadori ripubblica i romanzi dei suoi esordi (sono appena arrivati a Grandi ustionati, 128 pp., 11,50 €), li sta registrando a voce per Audible. E’ il naturale sviluppo del podcast Due volte che sono morto, ma più ancora è quasi un effetto collaterale della vis narrativa di Nori: il quale ha inventato un linguaggio talmente limato da riprodurre perfettamente l’effetto del parlato, un trompe l’œil travasabile in un immediato trompe l’oreille.

 

Forse, ecco, il talento degli scrittori si misura in questo modo. Ci sono quelli bravissimi il cui libro è un’opera d’arte, che non potrebbe mai assumere altra forma se non il cesello di quelle precise volute d’inchiostro, e già la traduzione un po’ lo ammacca. Ci sono quelli bravissimi, anche loro, il cui libro è un parco giochi dell’immaginazione, che mantiene inalterata l’efficacia della pagina scritta anche quando passa ad altra piattaforma comunicativa. In mezzo ci sono quelli così così, maggioritaria palude, che scrivono libri nello stesso modo in cui produrrebbero materiale per sceneggiature o podcast o fumetti; potendo cioè anche non farlo, senza detrimento delle patrie lettere.
 

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