Una fogliata di libri

Tangerinn

Andrea Frateff-Gianni

La recensione del libro di Emanuela Anechoum, pubblicato da edizioni E/O (256 pp, 18 euro)

Quando Berta chiamò ero con Elisabeth al The French House, un piccolo pub a Soho dall’arredamento bohémien. I tavolini rotondi ricordavano Parigi e le pareti erano tappezzate di foto di artisti o scrittori che amavano ubriacarsi lì cinquanta o cento anni prima. Un bicchiere di rosso costava otto sterline. La clientela era intellettuale, nel senso che preferiva il vino alla birra, parlava velocemente e beveva lentamente, atti di dissidenza continentale. Una volta avevo provato a ottenere un colloquio, pensando che fare la barista in un posto così mi avrebbe automaticamente resa meno perdente che fare la barista in un altro posto, perché lì c’era il parquet”. A parlare è Mina, una ragazza di trent’anni, mezza italiana e mezza marocchina, fuggita a Londra da un paesino di provincia sulle coste della Calabria nel vano tentativo di emanciparsi. Berta è sua madre e la telefonata le annuncia che suo padre è appena morto.
 

Inizia così Tangerinn, il romanzo d’esordio di Emanuela Anechoum che, attraverso il racconto del viaggio di ritorno verso casa di questa ragazza per assistere al funerale del padre, narra un mondo intero, comune a molti, fatto di sradicamento, ferocia e abbandono. L’intero libro è concepito come una lunga lettera di Mina al padre appena scomparso, che su una spiaggia in riva al mare gestiva un piccolo bar chiamato Tangerinn, “rumoroso, affollato, pieno di odori sempre nuovi”, frequentato da tutti gli immigrati della zona. Un luogo in grado di contenere moltitudini, pieno zeppo di gente che aveva vissuto le esperienze più disparate e in cui si parlavano lingue lontanissime e diverse tra loro. “Solo da più grande capii che se un posto era frequentato dagli immigrati non era frequentato da nessun altro”. Entreremo così nella testa di Mina, vivendo in prima persona i suoi disturbi e le sue inadeguatezze. Conosceremo sua madre Berta, sua sorella Aisha e la sua amica Elisabeth, detta Liz, “gentile, generosa, bella, ricca e potente” borghese bo-bo chic, che a seconda dei casi, nel corso della storia, sarà vittima o aguzzina della nostra affezionata.
 

Un romanzo d’esordio affilato come la lama di un coltello, tormentato, generoso, denso di coraggio, che raccoglie le aspirazioni e i sogni infranti di diverse generazioni tra la Calabria, Londra e il Marocco, e all’interno del quale la fuga perpetua da qualsiasi cosa sembra essere l’unica soluzione possibile. Una fuga inevitabile, necessaria ma forse inutile, la cui destinazione però resta ignota sin dal principio.

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