una fogliata di libri

L'anno portentoso

Giulio Silvano

La recensione del libro di William J. Locke, Atlantide, 352 pp., 26 euro

 Per fortuna che ogni tanto case editrici come Atlantide vanno a scovare dei vecchi libri che hanno avuto un momento di gloria per poi scomparire completamente. Vecchi libri forse recuperabili solo in qualche mercatino, o forse nei cesti delle offerte di Charing Cross road. William J. Locke, autore de L’anno portentoso, infanzia ottocentesca tra Caraibi e Oxford, ha scritto decine di romanzi che nei primi del Novecento sono stati nella lista dei bestseller, soprattutto in America. Il suo The Red Planet fu negli Stati Uniti il terzo libro più venduto di tutto il 1917. Più di venti tra le sue storie sono diventati film, compreso L’anno portentoso. 


Siamo all’inizio del Novecento, il giovane protagonista Martin Overshaw va a Parigi. “Parigi stessa, quella sera torrida e afosa, puzzava in maniera indicibile, ma per Martin Overshaw quello era il profumo della Città delle Meraviglie”. Martin è stato “licenziato con un mese di preavviso, dopo dieci anni di servizio” da insegnante al terribile Margett’s Universal College dove si sentiva un automa. Negli ultimi anni “era vissuto, accontentandosi, in una nebbia che offuscava lo splendore della vita”. In alcuni momenti solo la capitale semideserta riesce a rincuorarlo. Va a cena con una vecchia amica al Petit Cornichon, ristorante familiare che somiglia a una mensa per studenti. L’amica, Corinne Hastings, sta lì da qualche anno per studiare arte, decisa a usare una piccola eredità per studiare arte in Francia. Ma adesso ha quasi finito tutto, non le rimangono che poche sterline ed è decisa a tornare in Inghilterra, sconfitta. “Stavo per buttarmi nel fiume, solo che non ci sarebbe stato nessuno a ripescarmi, su quei ponti deserti”, dice. Sono due anime perse, si sentono dei falliti, anche nel mondo del lavoro – questo ci ricorda che precarietà e insoddisfazioni lavorative non sono una prerogativa della nostra contemporaneità – ma mentre sono a cena al Petit Cornichon si avvicina un uomo. “Occhi grigi e prominenti”, Daniel Fortinbras si presenta come un “merchand de bonheur”, un mercante di felicità. Per cinque franchi, dice, li aiuterà, promettendo di diventare “arbitro del loro destino”. E se fosse solo un imbroglione? La ricerca della felicità diventa così un viaggio che li porta a un albergo della Dordogna su uno sperone di roccia, dove si incontrano personaggi che possono esistere solo nei romanzi di quest’epoca, poeti produttori di foie gras e fanciulle che sembrano quei “fiori selvatici da cui si ricava il miele di montagna”.  

 

L’anno portentoso
William J. Locke
Atlantide, 352 pp., 26 euro

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