una fogliata di libri

Morte d'Urban

Gaia Montanaro

La recensione del libro di J.F. Powers edito da Fazi (387 pp., 20 euro)

"La vita di ognuno è un diario dove l’autore intende scrivere una storia, invece ne scrive un’altra…”. E’ con questa considerazione, veritiera quasi per tutti, che si può guardare all’esistenza di padre Urban, prete colto, carismatico e amante del bello, appartenente all’ordine (fittizio) di San Clemente (decisamente in fase di decadenza, con derive pauperiste e poco appealing secolare). Vive a Chicago negli anni Cinquanta, è celebre per le sue omelie ispirate e per non tirarsi indietro quando gli offrono un passaggio su una bella macchina. Vocazione primaria di padre Urban è racimolare fedeli (e offerte) per l’ordine: la sua oratoria, il suo charme e il saperci fare con la gente lo rendono, per così dire, un prete sportivo, il cui atteggiamento non sfocia mai nell’aperto ossequio per le cose mondane ma nemmeno per la sobrietà del vivere. Meglio evangelizzare ai cocktail e sui campi da golf piuttosto che in situazioni decisamente meno confortevoli.

Convinto che “si stia un po’ esagerando sul piano della povertà”, Urban sembra rimanere immune ai richiami, più o meno velati, del suo superiore padre Boniface, colpevole – a detta sua – insieme agli altri confratelli di “non saper riconoscere una cosa cattiva persino se l’avevano sotto gli occhi; e nemmeno una cosa buona”. Risultato: padre Urban viene spedito a curare una parrocchia in un piccolo paesino sperduto del Minnesota. America rurale e ruspante, pochi sfarzi e molta coltivazione intensiva. Eppure qualche sprazzo di civiltà più “glamour” si nasconde anche sotto la neve o tra enormi balle di fieno. Urban ricerca ciò che gli è più naturalmente simile e congeniale, proseguendo la sua evangelizzazione un po’ sui generis ma l’incontro con questa nuova realtà avrà ben altre connotazioni, anche nel successo. Ciò che Urban mantiene saldamente intatto – e che permea tutto il romanzo d’esordio di J.F. Powers (vincitore con questo libro del National Book Award negli anni Sessanta) – è una costante ironia, a tratti sottile a tratti più dissacrante, che permette di relativizzare pensieri e situazioni, con leggerezza. “Bisognava rimpolpare le file dell’Ordine infarcendo il noviziato di personalità eccezionali. Di tanto in tanto la cosa aveva passato il segno: due delle sue reclute si erano rivelate omosessuali, e una soffriva di ossessioni omicide”. Ma la vicenda di padre Urban è anche, e soprattutto, il racconto di uno spaccato americano, di una cultura, un modo di pensare, uno sguardo sulle cose del mondo. Di un’esistenza che prende pieghe inaspettate ma che non fa rinunciare a ciò che si è, anche nelle proprie contraddizioni. 

 

J.F. Powers
Morte d’Urban
Fazi, 387 pp., 20 euro

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