Come diventare newyorkesi
La recensione del libro di O. Henry, Mattioli 1885, 105 pp., 10 euro
ANew York si ha sempre l’impressione di avere un cielo più grande sopra la testa. Un cielo che accoglie tutti, più o meno amorevolmente, un cielo che permette a ciascuno di giocare la propria partita. Che ci si trovi lì per caso o per scelta, per cercare un riscatto o per seguire un amore, New York mostra le sue mille facce, disponibile a farsi svelare da chi sta cercando qualcosa. Sotto questo enorme cappello americano – puntellato dalle estremità dei grattacieli – vivono i nove personaggi degli altrettanti racconti di O. Henry (pseudonimo di William Sydney Porter), che si agitano per trovare il loro piccolo spazio da abitare, un luogo sicuro dove poter esistere. Impiegati, mendicanti, cassiere, broker, camerieri, vagabondi, persino la Statua della Libertà: l’incontro con la città li cambierà per sempre, tradirà le loro speranze, ne modificherà le prospettive. C’è Raggles, poeta-vagabondo, che non aveva mia scritto una riga in vita sua ma la poesia la viveva ogni giorno ed era specializzato nel comporre sonetti sulla città. New York però lo faceva sentire confuso e sconfitto per la sua freddezza e il senso di distanza che emanava. “Questa città di Manhattan non gli dava nessun indizio, era una fortezza eretta contro di lui. Scorreva al suo fianco per le strade come un fiume di diamante in cui è impossibile tuffarsi. Non gli era stato rivolto nessuno sguardo. Nessuna voce lo aveva apostrofato”. Si sentiva umiliato da come la città lo ignorasse, non riusciva a intravederne il segreto. Forse per questo non poteva diventare newyorchese. Una New York dall’espressione glaciale, enigmatica, ironica, illeggibile, innaturale, spietata, forse senza cuore, dove gli aggettivi non bastano per contenerla tutta intera. La città dove a volte sembra così facile fingere di essere quello che non si è o quello che si vorrebbe diventare. Dove si può assumere una nuova identità come aveva fatto Mr Bellford, avvocato di successo che a causa di una prolungata amnesia si ritrova a Manhattan con un nome e una vita nuova. “La chiave per la libertà non è in mano all’Arbitrio ma alla Convenzione. Così a Manhattan devi obbedire a queste leggi non scritte per essere il più libero tra i liberi. Se decidi di non seguirle, ti troverai in catene”. O. Henry ha la capacità di tratteggiare in poche righe personaggi vividi, raccontandoli con un’umanità che li rende prossimi e con una scrittura sapiente che regala finali inaspettati. Racconta di persone comuni, semplici, eroi di strada che mostrano – attraverso uno spaccato delle loro esistenze – l’umanità varia che abita New York. Tutti diventano newyorchesi a modo loro, perché non c’è solo una strada per appartenere a un luogo e non c’è solo una vita che ne possa incarnare l’essenza. Camminano sul filo della speranza, inseguendo il sogno americano di una vita possibile. Sullo sfondo sempre lei, mille luci e il mare intorno. “Un’eterna New York, mai del tutto vera, sempre un po’ immaginata, quasi uscita da un racconto di O. Henry”.
O. Henry
Mattioli 1885, 105 pp., 10 euro