Cattive strategie antipopuliste. Il centro deve cambiare per sopravvivere

E’ meglio che i moderati in Europa si adattino ai tempi che cambiano. Altrimenti il loro spazio sarà occupato dagli estremisti, scrive lo Spectator 

Questo articolo è stato pubblicato su Un Foglio internazionale, l'inserto a cura di Giulio Meotti con le segnalazioni dalla stampa estera in edicola ogni lunedì.


     

I cittadini di tutta Europa si sono ribellati contro i ‘partiti di centro’, e i politici hanno reagito attaccando gli elettori”, scrive Fredrik Erixon sullo Spectator, che continua: “Li hanno etichettati come estremisti, lunatici o anche peggio. Sorpresi che la strategia non abbia funzionato? Gli elettori non reagiscono bene quando vengono insultati dai politici da cui dovrebbero essere rappresentati. Lo considerano un atteggiamento arrogante e altezzoso, che li spinge sempre di più tra le braccia dei populisti. Di recente l’estrema sinistra di Podemos in Spagna ha fatto un accordo con i socialisti per sostenere il governo guidato da Pedro Sánchez. Il partito Diritto e giustizia in Polonia viene spesso etichettato come autoritario, ma questo non gli ha impedito di essere rieletto con il 44 per cento dei voti. Alcuni sondaggi in Francia indicano un sorpasso di Marine Le Pen su Emmanuel Macron in vista delle elezioni presidenziali. Il partito del presidente francese inizia a sgretolarsi, molti parlamentari stanno abbandonando la nave a un ritmo che potrebbe costargli la maggioranza. Il suo partito En Marche! rischia di prendere una batosta alle elezioni locali di quest’anno. Poi c’è Angela Merkel. Per anni ha incoraggiato gli elettori a ripudiare Alternative für Deutschland (AfD). Ma oggi la cancelliera tedesca fatica a convincere il suo stesso partito, figurarsi gli elettori, che l’AfD sia pericoloso. Settimane fa alcuni politici locali dell’Unione cristiano-democratica (Cdu) si sono uniti all’AfD per sfiduciare il presidente federale della Turingia. Merkel ha dichiarato la collaborazione ‘imperdonabile’. Ma se non riesce a convincere i suoi compagni di partito a isolare l’AfD, come fa a trasmettere il messaggio agli elettori? E’ facile comprendere il motivo per cui la Merkel si è arrabbiata così tanto. 

    

La Turingia è stata la prima regione in cui i nazisti hanno conquistato il potere all’inizio degli anni Trenta. Ogni legame con l’AfD nello stato rievoca vecchi traumi politici e rischia di danneggiare ulteriormente la Cdu nei sondaggi. Il leader dell’AfD in Turingia, Björn Höcke, è un abile politico di strada che ha assunto delle posizioni nazionaliste oltranziste. E’ il capo dell’ala più radicale del partito e viene spesso rimproverato dalla classe dirigente dell’AfD. Merkel, ovviamente, lascerà la politica a breve. La sua erede designata, Annegret Kramp–Karrenbauer, un’esponente di punta del vecchio centrismo tedesco, si è dimessa dalla presidenza della Cdu alcune settimane fa, scioccata dagli eventi in Turingia. Con questo gesto ha sostanzialmente ammesso di non potere vincere contro la base conservatrice del suo partito…

     

Il tema di fondo non è più l’ascesa dei populisti, ma il cambiamento dei partiti tradizionali. Le vecchie forze politiche devono adattarsi, altrimenti lo faranno i populisti e diventeranno loro la nuova norma. L’europarlamentare tedesco Manfred Weber ha detto che gli eventi in Turingia sono ‘il segno di un’instabilità crescente tra i partiti di centro in Europa’. Ma quest’analisi non è del tutto corretta. In alcuni paesi europei, il centro ha saputo reinventarsi e reggere molto bene. Lo scorso giugno i i socialdemocratici danesi hanno vinto le elezioni puntando sulla coesione sociale e una linea dura sull’immigrazione. I populisti danesi hanno perso più della metà dei seggi in Parlamento. La lezione, da Dublino a Dusseldorf, è piuttosto chiara: il vecchio centro politico in Europa è morto. Un tempo la politica era definita dalle identità industriali. La competizione tra i partiti era strutturata attorno alla libertà economica e il collettivismo – tra il lavoro e il capitale, per usare una terminologia marxista. Questi conflitti continuano a esistere, ma non sono più dominanti. Ci sono nuove questioni legate all’identità nazionale, e amplificate da una geopolitica turbolenta e dal cambiamento demografico. Il dibattito non avviene tra i radicali liberal di sinistra e i nazionalisti autoritari. Questa è una caricatura creata (o promossa) dai leoni da tastiera su Twitter. Queste etichette non significano nulla per la maggior parte degli elettori. Il nuovo centro viene occupato da chi riconosce che il nazionalismo alle porte non si basa sul razzismo ma sulla coesione sociale. Gli elettori che votano per i populisti spesso sono tra i più convinti sostenitori dell’integrazione. Non vogliono respingere i migranti, vogliono assimilarli.

    

Il nuovo centro è anti ideologico e quasi anti politico. La maggior parte degli elettori non si riconoscono nel liberismo economico ma nemmeno nello statalismo. C’è un grande sostegno per una più equa redistribuzione delle risorse economiche – tra ricchi e poveri, città e campagna – ma non si tratta solamente di staccare un assegno. Gli elettori diffidano dei politici che promettono di risolvere i problemi semplicemente spendendo più soldi. Molti ex elettori centristi non si sono rivolti ai nazionalisti perché apprezzano le loro politiche. In America solo una piccola parte degli elettori di Donald Trump amano il personaggio o credono a ciò dice. Molti lo hanno scelto esattamente perché non rispetta le regole. Cercavano qualcuno che criticasse la cultura compiacente e burocratica che non riesce mai a risolvere i problemi. Volevano qualcuno che rompesse gli schemi. I tempi cambiano. Gli argomenti cambiano. Il vecchio centro sta scomparendo perché molti partiti non vogliono cambiare, e gli elettori lo hanno notato. Si è aperto un nuovo centro, e se i partiti tradizionali in Europa non riescono a occuparlo, lo faranno quelli nuovi”.