I leader europei assieme al presidente egiziano Al Sisi e Re Salman dell'Arabia Saudita (Foto LaPresse)

Il lato debole del realismo europeo

È quello che si è visto nel recente summit euro-arabo, scrive lo storico Adam Tooze su Foreign Policy

Nella gestione delle sue relazioni con vicini arabi ed ex colonie, non è soltanto l’insidiosa storia dell’Europa a essere a rischio” ha scritto lo storico della Columbia University Adam Tooze su Foreign Policy. “Il summit tra la Lega Araba e l’Unione europea consumatosi a Sharm el-Sheikh, in Egitto, il 24 e 25 febbraio, è stato uno scontro tra regimi politici senza precedenti. L’Ue ama vantarsi della sua politica estera fondata su valori come la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani. Dei trenta stati arabi che ha incontrato in Egitto, soltanto la Tunisia si avvicina a rispettare questi criteri. Alla fine, i venti capi di governo europei, inclusa la cancelliera tedesca Angela Merkel, hanno presenziato al summit soltanto dopo che due leader in particolare, il presidente sudanese Omar al-Bashir e il principe saudita Mohammed bin Salman, hanno detto che si sarebbero tenuti alla larga.

 

Questo fatto avrà pure evitato diversi imbarazzi agli europei, ma ha soltanto avuto l’effetto di evidenziare l’incongruità dell’Ue nel prontamente accettare l’ospitalità del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Sisi è un ex generale che ha deposto il governo legittimo del Fratelli musulmani nell’estate del 2013, uccidendo diverse centinaia di persone. Da allora, ha governato con il pugno di ferro, imprigionando dozzine di giornalisti e, secondo Human Rights Watch, circa sessantamila oppositori politici.

 

Soltanto lo scorso mese, nove membri dei Fratelli musulmani sono stati condannati a morte. La deposizione del governo democraticamente eletto, nel corso della rivoluzione del 2011, era stata inizialmente giustificata come ‘transitoria’. La ratio alla base dell’incontro con la Lega Araba è che l’Europa deve parlare con i suoi vicini. E questo è difficile da negare: a Sharm el-Sheikh si è fatto ben poco altro. Il che non è privo di conseguenze. Sisi è in cerca di legittimazione. Accettando il suo invito, l’Ue gliel’ha conferita. Se vuole rimanere coerente con i suoi principi, però, l’Ue non può accettare una tale negazione del valore universale dei diritti umani, di certo non da parte di qualcuno di dubbia legittimità democratica come Sisi. Ma a parte l’ovvia vicinanza geografica, che cos’è è che obbliga l’Ue a intrattenere rapporti con siffatti autocrati?

 

Il riferimento al ‘realismo’ è poco più di una favola. Troppo spesso si fa riferimento alla tragica necessità di sporcarsi le mani, di fatto oscurando il perché e il per come del disegno più ampio. Spesso il realismo diventa una facile scusa per evitare di considerare opzioni alternative più complesse. Un conto è essere realisti sulla necessità di lavorare con la Cina sul cambiamento climatico: non ci sono alternative. Ben diverso è insistere di dover parlare con Sisi e quelli come lui per l’incapacità dell’Europa di gestire il problema migratorio. È una scelta dell’Europa: non è realismo, bensì un’umiliante fallimento dei governi democratici”.

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