Terrazzo

È morto Saverio Busiri Vici, artefice del manifesto del "brutalismo romano"

 Andrea Bentivegna

Il saluto al membro della famiglia che architettò Roma. Rispetto agli antenati aveva abbracciato tutt'altro stile seguendo Le Corbusier, realizzò opere come la chiesa della Visitazione in via dei Crispolti a Casal Bruciato e villa Ronconi a Casal Palocco

Quella dei Busiri Vici è certamente la dinastia di architetti romani più illustre e mitica. E’ attiva, anzi attivissima, nella capitale ininterrottamente da più di trecento anni. Tanto per citare gli ultimi ricordiamo Andrea, l’architetto di Pio IX, ai tempi dello Stato Pontificio. Segue Carlo, autore a inizio Novecento dell’hotel Ambasciatori di via Veneto e quindi la generazione successiva, quella di Michele e del fratello Clemente. Il primo, più prolifico, ha inventato lo stile “balneare” delle lussuose ville disseminate tra Sabaudia e il Circeo per poi plasmare la Costa Smeralda sognata dall’Aga Khan. Clemente invece, legato alla tradizione, si distingue per alcune importanti chiese nei più esclusivi quartieri romani e per interessanti palazzine realizzate insieme al giovane figlio Saverio. Proprio Saverio Busiri Vici è scomparso – un po’ in sordina – ormai novantasettenne, lo scorso ferragosto. Rispetto agli antenati aveva abbracciato tutt’altro stile, affascinato da Le Corbusier – al quale era legato da una personale conoscenza – si era infatti misurato per tutta la vita con sperimentazioni moderniste giungendo a uno stile personalissimo. Ad esempio negli anni Sessanta aveva realizzato la chiesa della Visitazione in via dei Crispolti. Siamo in zona Casal Bruciato, proprio di fronte al leggendario “Tiburtino IV” di Quaroni e Ridolfi, costruito dall’INA Casa come prototipo del cosiddetto neorealismo architettonico fatto di rassicuranti tetti a falda e materiali tradizionali. Proprio lì Busiri Vici calò la sua astronave di cemento armato, la chiesa della Visitazione appunto: una sorta di gigantesca conchiglia rovesciata fatta di setti aggettanti e travi incurvate.

Fu subito scandalo. Negli anni successivi si misurò con l’edilizia residenziale, in particolare ricordiamo villa Ronconi a Casal Palocco e soprattutto l’iconico edificio di viale Jonio (nella foto per gentile concessione dell’Ordine degli architetti di Roma). In un’epoca, la nostra, in cui al brutalismo si dedicano libri e tour, le opere di Busiri Vici farebbero di Roma un luogo da visitare non solo per chi ama l’antico; è quindi inspiegabile che proprio la villa di Casal Palocco sia stata irrimediabilmente sfigurata da una recente e scellerata ristrutturazione che ha verniciato con un bianco candido il cemento e rimpiazzato i parapetti con lastre di vetro più alla moda. Sopravvive invece, fortunatamente integro, l’edificio di viale Jonio, il manifesto del “brutalismo romano”. Un palazzo scultura, scomposto e frammentato in fasce di cemento armato sfalsate tra loro. Omaggio al Neoplasticismo e al De Stijl che Saverio Busiri Vici ben conosceva: era infatti anche pittore e un apprezzato scultore. Negli anni Settanta e Ottanta lavorerà soprattutto agli edifici della Pontificia Università Urbaniana e poi, infine, si cimenterà in un immaginario e distopico progetto alla “Blade Runner” per una città denominata V.U.DISP.I., una “previsione per nuove forme del centro cittadino per il domani” fatta di vertiginose torri collegate da ponti vetrati e ricurvi.

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