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Terrazzo

Tour Montparnasse, il grattacielo più odiato di Parigi

Giulio Silvano

Compie mezzo secolo il grande edificio parigino. Quattro architetti, 209 metri, e qualche suicidio. Restò per diciassette anni il più alto d’Europa

Come spesso accade, i parigini avevano avuto la buona idea, innovativa e conservatrice insieme, di cedere alla nuova moda dei grattacieli, ma di posizionarli in un quartiere ad hoc, la Défense, a ovest. (Altro che piazza Gae Aulenti). Eppure, come se fosse scappato da quel boschetto di vetro, acciaio e cemento, dove vanno la mattina i pendolari in giacca e cravatta in quei tre milioni di metri quadri di uffici, c’è uno skyscraper, sfuggito al tentativo di mantenere la città un paradiso haussmaniano, la Tour Montparnasse. Neo nello skyscraper della ville lumière, ha compiuto cinquant’anni il 18 giugno. E se per l’altra torre, l’Eiffel, quella dell’Expo dell’89, quella dei portachiavi e dei selfie, ci fu una marcia indietro dopo l’iniziale sconvolgimento, decidendo di tenerla su nonostante fosse nata come temporanea, per la Montparnasse la soluzione è cercare di dimenticarla. Resta lì, nera, fasto degli anni d’oro dell’amianto e dei vetri oscurati, e si cerca di non guardarla quando si passeggia nel jardin du Luxembourg, o se si sale a Montmartre o sui rooftop garden bar e si ammirano i tetti di zinco delle chambre de bonnes e la cupola del Pantheon. Unico modo per non vederla è salirci sopra, in quel bar con vibe Lost in Traslation, col pianoforte lunghissimo che funge da bancone, dove vanno gli studenti delle École du commerce a fare i brindisi di laurea, o nel deck, dove vanno i turisti americani a fare le foto. Quattro architetti per costruirla – Saubot, Beaudouin, Cassan e Hoym de Marien – duecentonove metri di altezza, qualche suicidio dal tetto e cinquant’anni di odio. Restò per diciassette anni il più alto edificio d’Europa. Si vede in costruzione in una scena di Ultimo tango a Parigi. Una lapide nera, un po’ monolite di Kubrick, sede del comitato elettorale di Mitterrand nel ’74 e poi di Macron nel ’16, ci si chiede come fece André Malraux a firmare il permesso, facendo ombra a quel quartiere, il monte Parnasso, che fu il paese dei balocchi dei Modigliani e dei Picasso, e a quel cimitero così ordinato dove riposano Maupassant, Sartre e Gainsbourg. Dopo tanti primi cittadini che hanno promesso di buttarla giù – ma costerebbe troppo, e sotto c’è uno degli snodi ferroviari principali – la soluzione della sindaca Hidalgo è quella di un restyling, che oggi vuol dire ecologia: ci saranno giardini pensili, pannelli fotovoltaici, più luce, e una serra bioclimatica sul tetto dove c’era l’eliporto che alcuni già chiamano “corbeille de légumes”. Un lifting green di mezza età.

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